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Pagina:I Nibelunghi, Hoepli, 1889, I.djvu/419

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348 I Nibelunghi

D’esse ognuna tornava; e di null’altro
Era il tesor fuor che d’auro e di gemme.
Che se alcuno acquistato avesse il mondo
335Così per esso, d’un sol inarco il pregio
Scemar non ne potea; nè disïato
Hàgen l’avea senza ragione. In esso
Più disïata cosa si giacea,
Una verghetta d’or. Chi a riconoscerla
340Giugnea, sul mondo inter, sovra ciascuno
Degli uomini quaggiù, potea signore
Addivenir. — Ma con Gernòt andavano
Molti congiunti d’Alberico assieme.
     Come quelli toccar l’ampio tesoro
345Di re Gunthero nella terra e d’esso
Ebbe possesso la regina intero,
Colme d’esso ne andâr camere e torri,
Nè si udì mai narrar, più di cotesto,
Prodigio grande. Ma se mille volte
350Stato fosse il tesoro anche maggiore,
E stato fosse principe Sifrido
Sano e forte al suo fianco, ivi appo lui
Stata sarìa con vuote ambe le mani