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Pagina:Aleardi - Canti, Firenze 1899.djvu/62

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22 un’ora della mia giovinezza.

Dir le glorie, gli affanni e le speranze,
Patire e perdonar. E tu le rabbie
A me temprasti per estranie terre
Ramingo: e l’ardua dignità reggesti
Del prigioniero; e tu mi reggerai,
Fin che s’apra la tomba inesorata.
Su quella tomba siediti, sorella,
E tolto in mano il sapïente legno
Del Nazzareno, canta a le novelle
Schiatte, che innanzi ti verran passando
Le libere canzon che incominciai,
E la crudel malignità dei tempi
Mi negò di compir. Canta quegl’inni
Che pensai, ma non dissi, eccitatori
D’opre gagliarde e generose. E quando
Sull’obbliato mio sepolcro, l’unghia
Scalpiterà degl’itali cavalli
Vittorïosi, io spezzerò la pietra,
Risuscitato dall’amor, volgendo
Postumo canto di trionfo ai Forti,
Che attendo in vita e attenderò sotterra.