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Audizioni Commissione d'inchiesta Federconsorzi/26

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Audizione Lobianco

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SENATO DELLA REPUBBLICA------------------------------- CAMERA DEI DEPUTATI XIII LEGISLATURA


COMMISSIONE PARLAMENTARE D'INCHIESTA SUL DISSESTO DELLA FEDERAZIONE ITALIANA DEI CONSORZI AGRARI __________


RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA DI MARTEDI’ 1° FEBBRAIO 2000 __________


Presidenza del presidente Melchiorre CIRAMI

I lavori hanno inizio alle ore 12,20. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Presidenza del presidente CIRAMI


Comunicazioni del Presidente.

PRESIDENTE. Vi comunico che il Presidente del Senato, in data 24 gennaio 2000, ha chiamato a far parte della Commissione il senatore Mario Rigo, in sostituzione del senatore Armin Pinggera, dimissionario. A nome di tutta la Commissione, do il benvenuto al senatore Rigo, unito all’augurio di un proficuo comune lavoro. Se non vi sono osservazioni, il senatore Rigo subentrerà al senatore Pinggera anche come componente del primo gruppo di lavoro.

Vi informo che, in data 10 gennaio 2000, il dottor Clemente ci ha segnalato che, nel resoconto stenografico della sua audizione, svoltasi nella seduta del 12 ottobre 1999, risulta indicata in 4004 miliardi l'esposizione dell'Istituto federale delle Casse di risparmio delle Venezie nei confronti del sistema Fedit, in luogo della cifra corretta di 400 miliardi. Prendo atto della rettifica fatta dal dottor Clemente, rilevando tuttavia che l'indicazione della cifra di 4004 miliardi non è frutto di un'erronea trascrizione da parte degli uffici del Senato (nella bozza non corretta consegnata dagli stenografi infatti era indicata la cifra di 404 miliardi e si segnalava comunque l'esigenza che l'audito verificasse tale cifra in sede di correzione delle bozze), ma compare nel testo corretto restituito dal dottor Clemente.

Vi rendo noto che il dottor Carlo Cocco ha risposto, in data 23 dicembre 1999, al questionario a lui inviato. Faccio presente che questa particolare procedura seguita nei confronti del dottor Cocco si è resa necessaria dal momento che quest'ultimo non sarebbe in condizioni fisiche e psichiche tali da poter intervenire in Commissione. Comunque, copia di tali risposte è a vostra disposizione: se posso permettermi una valutazione, esse non sembrano fornire chiarimenti soddisfacenti ai nostri interrogativi, essendo laconiche e sostanzialmente evasive delle questioni più rilevanti. Il dottor Cocco ha anche in parte smentito, senza possibilità di essere incalzato sulla veridicità delle sue affermazioni, quanto dichiarato in precedenza alla Commissione di indagine ministeriale su temi di rilievo. Ad alcuni quesiti, inoltre, non ha risposto. Questo primo esperimento, peraltro necessitato, considerata l'indisponibilità manifestata dal dottor Cocco ad essere ascoltato, non mi sembra utilmente ripetibile se non per accertare questioni di specifico contenuto tecnico presso persone in posizioni non di primo piano, la cui audizione appesantirebbe troppo il lavoro di questa Commissione.

L'Ufficio di Presidenza valuterà successivamente l'opportunità che una delegazione della Commissione si rechi, in via del tutto eccezionale, dove il dottor Cocco risiede per completare le risposte pervenute in maniera assolutamente incompleta.

Vi informo, inoltre, che su segnalazione dei consulenti incaricati di redigere una relazione sulla natura giuridica e sulla legittimità del cosiddetto atto-quadro, ho disposto l'acquisizione presso la sezione fallimentare del tribunale civile di Roma di copia del parere redatto su incarico degli organi della procedura dai professori De Nova e Gabrielli in data 15 dicembre 1997. Era già presente agli atti della Commissione una ulteriore relazione sull'atto-quadro redatta dal professor Scotti Camuzzi e citata nel parere fornito dal professor Schlesinger al giudice delegato. Copie di tali documenti sono a vostra disposizione.

Inoltre, stanno continuando a pervenire le risposte della banche e dei consorzi ai quesiti da noi posti. Ciò consente un'utile raccolta di informazioni e di dati che dovranno tuttavia essere analizzati e sintetizzati in una apposita relazione. Ho sottoposto alla valutazione dell'Ufficio di Presidenza, riunitosi il 26 gennaio 2000, l'opportunità di conferire un incarico in tal senso ai collaboratori da noi nominati e ai quali non sono stati ancora attribuiti compiti specifici. Per ragioni di speditezza, ho suggerito di evitare incarichi collegiali, ma di affidare a ciascuno di essi l'esame di un certo numero di consorzi agrari (considerato che sono 74, sarebbero attribuiti a ciascuno 24-25 consorzi). Accogliendo la proposta da me formulata, l'Ufficio di Presidenza ha convenuto di conferire ai dottori Fabrizio Murri, Paolo Sgattoni e Francesco Verdicchio, dottori commercialisti e revisori dei conti, il compito di: esaminare la documentazione trasmessa alla Commissione dai consorzi; riferire sulla evoluzione delle condizioni economiche e finanziarie di ciascuno di essi, comparandole tra loro e delineandone i profili comuni essenziali; valutare le scelte gestionali più significative assunte dagli amministratori; esprimersi sulla adeguatezza dei controlli esercitati dal collegio sindacale e dal Ministero dell'agricoltura; confrontare il risultato di tali valutazioni con quelle degli altri consulenti, redigendo congiuntamente una nota di sintesi.

Non facendosi osservazioni resta così stabilito.

Infine, vi segnalo che sul quotidiano "Il Manifesto" del 20 gennaio 2000 si dà notizia di un esposto presentato alla Procura di Palermo con il quale si segnala la necessità che le indagini sul duplice omicidio dei funzionari della regione siciliana Bonsignore e Basile si orientino nella direzione dei consorzi siciliani e in particolare di quello di Catania di cui Bonsignore avrebbe denunciato il finanziamento illecito e di cui Basile si sarebbe occupato dal 1990 al 1997. Con una certa imprecisione si cita anche l'attività di indagine condotta dalle Procure di Roma e Perugia e dalla nostra Commissione.

Su incarico dell'Ufficio di Presidenza, ho indirizzato, in data 27 gennaio 2000, al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo, una lettera in cui si precisa che la Commissione non ha mai esaminato la possibilità di procedere all'audizione di Basile; la Commissione ha piuttosto preso atto, nella seduta pubblica del 6 luglio 1999, della proposta formulata dal terzo gruppo di lavoro nella riunione del 30 giugno 1999 ed esaminata dall'Ufficio di Presidenza nella riunione del 1° luglio 1999, di procedere all'audizione del "responsabili della vigilanza sui consorzi agrari", intendendosi con tale espressione i funzionari del Ministero delle politiche agricole e forestali.

Da ultimo, vi informo che l'Ufficio di Presidenza, riunitosi il 26 gennaio 2000, ha stabilito il seguente calendario di audizioni: martedì 1° febbraio 2000, alle ore 12: audizioni del dottor Arcangelo Lobianco e del dottor Stefano Wallner, giovedì 3 febbraio: audizione del dottor Paolo Bambara.

INVERSIONE DELL’ORDINE DEL GIORNO

PRESIDENTE. In attesa dell’arrivo del dottor Stefano Wallner, dispongo l’inversione degli argomenti all’ordine del giorno, nel senso di procedere immediatamente all’audizione del dottor Arcangelo Lobianco.

Audizione del dottor Arcangelo Lobianco, già presidente della Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti.

PRESIDENTE. La Commissione procede oggi all'audizione del dottor Arcangelo Lobianco che ringrazio per aver accolto, con cortese disponibilità, il nostro invito.

Avverto che i nostri lavori si svolgono in forma pubblica, secondo quanto dispone l'articolo 70 della legge istitutiva, e che è dunque attivato, ai sensi dell'articolo 12, comma 2, del nostro Regolamento interno, l'impianto audio a circuito chiuso.

Qualora da parte del dottor Lobianco o di colleghi lo si ritenga opportuno in relazione ad argomenti che si vogliono mantenere riservati, disattiverò l'impianto audio per il tempo necessario.

Preciso, inoltre, che dell'audizione odierna è redatto il resoconto stenografico, che sarà sottoposto, ai sensi dell'articolo 12, comma 6, del Regolamento interno, alla persona ascoltata e ai colleghi che interverranno, perché provvedano a sottoscriverlo apportandovi le correzioni di forma che riterranno, in vista della pubblicazione negli Atti parlamentari.

Ricordo, infine, che il dottor Lobianco ha ricoperto l'incarico di presidente della Coldiretti dal 1980 al 1993 e che attualmente è presidente dell'Associazione Nazionale dei consorzi di bonifica.

Do la parola al dottor Lobianco il quale farà un breve excursus dell'attività svolta come presidente della Coldiretti. Successivamente si procederà con le domande.

LOBIANCO. Signor Presidente, preferirei rispondere prima alle vostre domande perché fare una relazione sui piani della presidenza della Coldiretti significa procedere ad una relazione politico-sindacale su una confederazione.

PRESIDENTE. Le rivolgo dunque alcune domande. E' vero che il suo mandato di presidente della Coldiretti è durato fino al novembre del 1993, quando rassegnò le dimissioni nel corso del congresso della Coldiretti che si tenne a Roma presso il Palazzo dello Sport all'Eur? Perché si dimise? Lei militava nel partito della Democrazia Cristiana? Secondo talune fonti nell'anno 1985 i parlamentari eletti nelle liste della Democrazia Cristiana di estrazione Coldiretti erano 27, dei quali 23 deputati e 4 senatori; la Coldiretti annoverava inoltre 7 parlamentari europei, 22 consiglieri regionali e circa 7000 consiglieri comunali. Sono corrette le stime? Questi dati sono validi anche per l'anno 1991?

LOBIANCO. Signor Presidente, il congresso si svolse preso il Palazzo dei congressi all'Eur. Io non mi dimisi, ma semplicemente non ripresentai la mia candidatura. Avevo deciso di ritirarmi dalla vita attiva, sia quella di sindacato che quella politica, per motivi familiari. Nonostante che non presentassi la mia candidatura, l'assemblea, in considerazione degli incarichi che avevo svolto nella confederazione, volle la mia elezione a presidente del Consiglio nazionale, carica che ricoprii fino all'aprile del 1998 quando fui costretto a dimettermi, sempre per motivi familiari.

La Coldiretti ha attraversato diverse fasi nei riguardi del partito. Io personalmente sono stato eletto deputato nella Democrazia Cristiana nella quinta, sesta, settima, ottava, nona e decima legislatura, nonché senatore nell'undicesima legislatura. Oltre alla decisione di non ricandidarmi, assunsi anche quella di non svolgere più attività politica. Fui pregato dagli amici di partito di non dimettermi da parlamentare ma, nonostante fossi stato segnalato dalle Commissioni provinciali, regionali e nazionali, nel 1994 non volli ripresentare la mia candidatura.

Da quel momento non ho più aderito ad alcun partito. Sono rimasto fuori della politica e qualche anno fa il senatore Medici, dovendosi dimettere dalla carica di presidente dell'ANBI, un'associazione di consorzi di bonifica, indicò il mio nome alle confederazioni agricole. In quel caso si trattava di un incarico non politico, ma tecnico.

Con riferimento alla domanda sui deputati, in una prima fase erano molti di più. Poi si innescò un processo, portato avanti anche da me, che avrebbe dovuto porre fine, pur non negando la colleganza ideale per una comune ispirazione alla scuola cristiano-sociale, al collateralismo con il partito e garantire l'autonomia dell'organizzazione rispetto al partito.

BUCCIERO. Quando ha avuto inizio questa fase?

LOBIANCO. Quando ero già vicepresidente della Coldiretti cominciai a parlare nell'ambito di alcuni convegni di una maggiore autonomia dell’organizzazione. Le fasi sono state le seguenti: collateralismo, colleganza ideale e, infine, autonomia intesa nell'ottica di creare un soggetto politico autonomo. Ciò divenne molto esplicito nell'assemblea (non si chiamavano congressi) del 1990 nel corso della quale tenni una relazione in cui cercai di far prendere atto del fatto che, dopo il Concilio Vaticano II e la caduta dei cosiddetti muri, era finita l'epoca delle ideologie ed era iniziata quella delle testimonianze. Ispirandoci alla scuola cristiano-sociale avevamo la possibilità di svolgere in modo autonomo dai partiti il nostro ruolo di cristiani impegnati nel sociale e nel politico. Questa fu una prima fase pubblica. Nel frattempo avevo anche iniziato un'operazione di collegamento tra le varie forze politiche e sindacali. Mentre in passato non si riusciva a colloquiare con le altre confederazioni sindacali dei lavoratori, all'epoca questo cominciava a diventare possibile. Nel corso di una prima manifestazione tenutasi a San Giovanni lanciai quello che poi venne definito il ponte tra il mondo del lavoro autonomo e quello del lavoro dipendente. Successivamente ci furono altri incontri nel corso dei quali cercai anche di difendere il mondo della cooperazione e dell'associazionismo. Nell'assemblea del 1993, come risulta dagli atti e dalle pubblicazioni, proposi di non collegarsi più ad alcun partito ma di lasciare autonomi i soci e di scegliere uomini che rispondessero a certe caratteristiche di ispirazione alla scuola cristiano-sociale.

PRESIDENTE. A questo proposito vorrei farle delle domande specifiche, in particolare rispetto ad alcune frasi che lei avrebbe avanzato in quel contesto.

A quale degli uomini politici di maggiore spicco della Democrazia Cristiana di allora Lei faceva riferimento? De Mita? Andreotti? Forlani?

LOBIANCO. Una volta nominato presidente della Coldiretti non ho più fatto riferimento ad alcuna corrente della Democrazia Cristiana. All'epoca ebbe inizio una serie di incontri ufficiali e formali con i Presidenti del Consiglio incaricati. Sui giornali si è scritto che ci sarebbero state delle divergenze con alcuni amici della Democrazia Cristiana per il fatto che mi ero spostato a sinistra. Non mi ero spostato né a sinistra né a destra. Si trattava semplicemente di questa linea di azione autonoma che cercavo di portare avanti e che probabilmente non era gradita a qualche amico di partito. Non ho mai rinnegato, né rinnego oggi, la mia militanza nel partito fino al 1994. Non ho motivi di risentimento con amici di partito, sono stato di quella idea, non la rinnego ma ne sono voluto rimanere fuori. Per quanto riguarda altre considerazioni che emersero dai giornali, si trattava di opinioni politiche. Ovviamente ho espresso opinioni politiche, però, dal momento che mi trovo in una Commissione d'inchiesta, così come ho fatto quando sono stato chiamato dalla magistratura, non posso esprimere giudizi che non abbiano valenza giuridica.

PRESIDENTE. Dottor Lobianco, in questa sede lei può parlare in maniera libera. Se lei dovesse ritenere in qualsiasi momento che gli argomenti da trattare meritino un momento di riflessione da parte della Commissione, possiamo interrompere il collegamento audio e addirittura segretare le sue dichiarazioni.

LOBIANCO. Signor Presidente, una cosa sono le opinioni, un'altra le prove che abbiano rilevanza giuridica.

BETTAMIO. Che importanza può avere conoscere a quale corrente facesse riferimento?

PRESIDENTE. Ho voluto porre questa domanda perché tante volte si è detto e si è scritto che la Coldiretti, così come altre confederazioni, faceva riferimento a personaggi politici che poi sosteneva, oltre che come riferimento ideologico, anche nelle campagne elettorali.

LOBIANCO. Signor Presidente, in più occasioni ho avuto modo di incontrare Forlani o De Mita per dei colloqui politici informali. Abbiamo poi avuto degli incontri con altri Presidenti del Consiglio, anche non democristiani, mi limito a citare i presidenti Craxi e Spadolini. La Coldiretti non faceva comunque riferimento ad alcuna corrente specifica. I singoli soci e parlamentari facevano riferimento a correnti di partito, ma la mia azione era volta a tener fuori la Coldiretti dalle questioni di corrente di partito.

BUCCIERO. Il Presidente prima le ha rivolto una domanda relativa al numero dei deputati e senatori e lei ha risposto di non ricordarselo perché varie sono state le legislature. Di questi deputati e senatori che facevano, per così dire, capo alla Coldiretti, nel senso che la Coldiretti li appoggiava nelle elezioni, la maggior parte di che corrente era?

LOBIANCO. Guardi, quello che sta avvenendo oggi avveniva anche nel passato. Noi abbiamo avuto un periodo in cui c'erano 60-70 deputati perché, oltre ai dirigenti, c'erano i cosiddetti amici dei coltivatori. A mano a mano che si è andati avanti si è precisato che dovessero essere candidati e appoggiati solo i dirigenti della Coldiretti. Quindi negli ultimi tempi si è arrivati ad avere 15-20 amici, alcuni dei quali facevano parte dei cosiddetti dorotei, altri del gruppo del presidente Andreotti, altri, pochi, della sinistra. Però l'orientamento ufficiale della Confederazione era quello di rimanere fuori dalle correnti di partito. Per quanto riguarda il numero, legislatura per legislatura è andato scemando perché vi era questo indirizzo di non appoggiare più tutti, ma solo i dirigenti. Poi avevamo già deliberato le incompatibilità fra le cariche di partito e quelle della Coldiretti; tanto è vero che quando io presentai la mia candidatura alla vice presidenza feci presente al presidente Andreotti - allora ero sottosegretario - che mi sarei dimesso. Poi in breve tempo il Governo cadde, e quindi non ve ne fu più bisogno. Comunque, si è portata avanti la linea di non far coincidere cariche di partito o cariche di Governo con cariche della Coltivatori diretti. E' un processo che è andato avanti e si iniziò già dagli anni in cui era presidente Bonomi in piazza del Popolo. Non era facile, perché dopo tanti anni in cui si era fatta azione di collateralismo, nel senso di collegarsi con un partito per una certa azione, diventare soggetti autonomi non era la cosa più naturale. Questo processo ha richiesto del tempo e si è accentuato dalla fine degli anni '80. Quindi, per quanto riguarda il numero, la stima da lei fatta, signor Presidente, può essere esatta. Per quanto riguarda i parlamentari europei, erano sei o sette, questo è sicuro; i consiglieri comunali erano migliaia. Per quanto riguarda i parlamentari, si è avuto questo processo di diminuzione.

PRESIDENTE. Nel corso del suo discorso di addio alla presidenza Ella, riferendosi alla vicenda Federconsorzi, pronunciò le seguenti frasi che sono state riportate dalla stampa: "Ho dovuto fare i conti con le conseguenze di un patto scellerato di certi personaggi eseguito con freddo cinismo per la distruzione di una struttura importante per l'agricoltura"; "Certi ex potenti di ieri non mi hanno perdonato la dura e testarda battaglia per difendere l'autonomia della Coldiretti e per non asservirla a nessun potente"; "Non mi hanno risparmiato certi potentati economici per aver osato additarli come un pericolo per la nostra agricoltura e la nostra economia". Se la stampa ha riportato fedelmente queste sue affermazioni, quale fu questo patto scellerato? Tra chi fu stretto? Chi erano i personaggi cinici? Chi erano gli ex potenti? Quali erano i potentati economici? Quali pericoli rappresentavano per l'agricoltura?

LOBIANCO. Signor Presidente, queste parole risultano più che dalla stampa dalle relazioni distribuite. Non è un mistero: qui si tratta di opinioni politiche che vanno prese come opinioni politiche perché per fare nomi o portare dati di fatto bisogna avere le prove. Ora, chi ha svolto attività politica, come la svolgono gli onorevoli componenti di questa Commissione, sa che anche oggi ci sono dei processi politici che vanno avanti. Io ho portato avanti un'idea, posso anche essermi sbagliato, quella dell'autonomia dell'organizzazione, ed ho portato avanti anche altre idee, come quella delle sinergie tra il mondo agricolo ed il mondo agroalimentare, soprattutto nella cooperazione e nell'associazionismo. Ho sostenuto che bisognava organizzarsi per prepararsi ad affrontare l'economia di mercato; non è un mistero che il mondo contadino è stato sempre succube a monte e a valle, sia quando acquistava i mezzi tecnici che quando vendeva i suoi prodotti. Quindi era una mia idea fissa quella di organizzare economicamente il mondo agricolo che rappresentavo, ma non soltanto quello che rappresentavo, di creare anche sinergie con altre organizzazioni, con altri mondi, per rafforzare il potere contrattuale economico dei produttori agricoli.

Quando decisi di lasciare la confederazione avevo l’amarezza che era stato distrutto uno strumento al servizio del mondo agricolo come il sistema Federconsorzi. Cosa lamentavo e cosa lamento oggi, sempre in termini politici? Mentre per altri sistemi, come, ad esempio, il caso EFIM, si era trovato il modo di intervenire, questo non era stato fatto per la Federconsorzi, c'era stato un atteggiamento politico passivo nei confronti del sistema Federconsorzi, che era un sistema economico, ma era anche un sistema cooperativo, amministrato dagli stessi produttori agricoli, (i consiglieri erano produttori agricoli, agricoltori, coltivatori diretti e svolgevano una funzione di calmiere nelle campagne). Io, prima come deputato poi come senatore, svolsi un'azione contro la privatizzazione della SME ed ero contrario perché puntavo, e su questo ero d'accordo anche con le altre associazioni agricole e con il mondo della cooperazione, ad una SME che fosse una finanziaria, nucleo centrale di un sistema di difesa dell'agricoltura meridionale. In Senato, in una assemblea di parlamentari della Democrazia Cristiana, esibii un ritaglio di giornale che riportava la notizia che era stato dato incarico dall'IRI ad una società di comunicazione di trovare il modo di contraddire tutti quelli che erano contrari, tra cui si faceva il mio nome. Quindi, ripeto, io ero per questa azione di difesa del mondo agricolo. Qualcuno ha detto che era un'azione di difesa soltanto del mio mondo agricolo; io cercavo di portare a unità la cosiddetta area bianca, ma perché poi si potesse collegare con gli altri mondi delle altre aree perché si evitassero doppioni. Non è razionale avere tre mangimifici nella stessa provincia quando poi non c'è capienza per poter consumare il mangime prodotto: cioè ero per un sistema di sinergie.


Io ho addebitato al mondo politico l'assistere passivamente alla distruzione di un sistema che ritenevo utile al mondo agricolo. In colloqui politici, ho sempre detto che se il problema era Lobianco o la Coldiretti, si poteva togliere Lobianco dalla Coldiretti, ma senza distruggere la Federconsorzi perché essa era utile al mondo agricolo. D'altra parte, Presidente, tante volte si è lamentato che alcuni finanziamenti venivano dati ad altri organismi, ma non venivano dati ai consorzi agrari o alla Federconsorzi. Per cui essa ha dovuto far fronte con capitale proprio, che poi era pochissimo, e con l'autofinanziamento a momenti difficili. Negli anni '80 c'era stata una riduzione del 30 per cento dei redditi agricoli e quindi le difficoltà degli agricoltori si sono riversate sul mondo dell'associazionismo, della cooperazione, dei consorzi agrari. In quello stesso periodo, oltre alla Federconsorzi in difficoltà, si era trovato il CERAC, che era una piccola Federconsorzi della cooperazione bianca e l'AICA, che era una piccola Federconsorzi delle cooperative rosse. Queste due cooperative sono venute meno, sono fallite.

Vi sono dichiarazioni di uomini di tutti i partiti che mettevano in evidenza le difficoltà economiche del mondo agricolo di quegli anni. Ne consegue che le difficoltà degli agricoltori si scaricavano sulle cooperative e sui consorzi agrari che facevano riferimento alle banche e quindi al credito: vi era stata una riduzione del credito agrario che, in quel periodo, era agevolato, con un conseguente minor acquisto di macchine e di concimi. Quindi, da una parte c'era l'inflazione ad un tasso molto alto e, dall'altra, minori redditi per cui, ripeto, le difficoltà derivanti da tale situazione si erano scaricate sulle cooperative e sui consorzi agrari che, a loro volta, le avevano riversate sulla Federconsorzi o su altri organismi nazionali.

In questo senso dico che c'è stato un fatto politico in quanto, volendo aiutare le cooperative, si sarebbero potuti trovare dei sistemi - come era stato fatto altre volte - per esempio mettendo a disposizione delle somme non per il capitale, ma per gli interessi, per avere così un tasso agevolato ed evitare che tutto il debito si disperdesse. Inoltre, mi riferivo a certi fatti sulle stime che potrebbero far pensare anche all'aggiotaggio. Tutto questo non ha preservato il patrimonio della Federconsorzi, ma lo ha portato a svilirsi in pochi mesi insieme a quest'alternarsi di stime, privando il mondo agricolo di un sistema che gli faceva comodo.

PRESIDENTE. Poiché la nostra è una Commissione d'inchiesta, vorremmo entrare maggiormente nello specifico. Quindi, a parte queste considerazioni di carattere generale che la Commissione dà per acquisite perché ha letto tutto quello che si poteva leggere – comprese le sue dichiarazioni alla stampa – vorremmo sapere più specificatamente, per esempio, chi erano questi personaggi o questi potentati economici. Avevano un nome e un cognome?

LOBIANCO. No, signor Presidente. Ho parlato di personaggi in senso politico. Anche oggi si parla di personaggi che alla Camera o al Senato non vogliono certe cose.

PRESIDENTE. La posso aiutare? Era il mondo bancario? Perché poi, nel mondo bancario ci sono nomi e cognomi, banche e dirigenti che hanno un nome.

LOBIANCO. No, le mie dichiarazioni erano in senso politico generale. Mi riferivo ad un sistema politico-economico che non si era dato da fare per evitare la distruzione.

PRESIDENTE. Ma si estrinsecava in certi enti o in certi istituti economici?

Lei parla di potentati economici ed io mi domando se questi significhino le banche creditrici che esercitavano il loro potere economico, la loro invadenza nella gestione della Federconsorzi.

C'è stata una concertazione?

LOBIANCO. Signor Presidente, su questo non posso essere preciso. Si tratta di mie personali teorie politiche che spero possano chiarirsi e diventare fatti concreti quando saranno conclusi i processi in corso. A tal proposito ritengo importantissima l'inchiesta di questa Commissione perché sono rimasto molto colpito da quello che è avvenuto. Infatti, signor Presidente si è parlato di crac del sistema dei consorzi agrari: ebbene, una prima sentenza passata in giudicato ha stabilito che non c'era insolvenza della Federconsorzi al momento del commissariamento. Quando ci fu il commissariamento (cosa della quale peraltro non fui messo a conoscenza) non lo condivisi perché – a mio avviso - avrebbe messo in moto un meccanismo distruttivo.

PRESIDENTE. Parleremo in una seconda fase del commissariamento. Ora ci troviamo ancora nella fase antecedente.

LOBIANCO. Il riferimento ai potentati era generico. Le banche, che avevano concesso finanziamenti non indifferenti alla Federazione dei consorzi agrari, con centinaia di miliardi di interessi, avrebbero potuto accettare la proposta dal ministro Goria di gestire il patrimonio con una società per evitare che si arrivasse alla svendita.

Il mio riferimento, quindi, era generale e mi auguro che attraverso gli accertamenti di questa Commissione …

PRESIDENTE. La Commissione però ha bisogno anche dell'aiuto e della collaborazione di chi queste vicende le ha vissute in prima persona.

LOBIANCO. Se dovessi dire che è stato, per esempio, il senatore Tizio, non potrei perché le mie sono intuizioni politiche; non ho né certezze né prove. Mi domando quale aiuto possa dare alla Commissione.

PRESIDENTE. Abbiamo toccato l'argomento banche, ma avrei potuto fare riferimento anche ad altri potentati economici; però vorrei che lei mi fornisse una risposta più concreta. Le sue risposte non dico che siano evasive, ma certamente sono di "largo respiro politico", mentre dobbiamo parlare di riferimenti concreti.

Dunque, vi erano le banche che erano creditrici o che avevano prestato denaro alla Federconsorzi senza alcun privilegio che le tutelasse (perché a volte si trattava di prestiti che avvenivano senza nessuna garanzia, in mancanza totale di controlli da parte del Ministero, della Banca d'Italia e dell'ABI), ma anche altri potentati economici che avevano rapporti con la Federconsorzi e con il mondo agricolo quali ad esempio la Ferruzzi, Tanzi, la SME.

Si trattava di potentati economici che premevano per lo smantellamento della stessa perché avevano prospettive diverse sulla riorganizzazione della Federconsorzi, sulla rete di distribuzione dei consorzi agrari? Credo che sia il momento di parlare di tutte queste cose senza nessuna reticenza.

LOBIANCO. Non ho reticenze.

PRESIDENTE. Reticenze nel senso di volere rimandare tutto alle valutazioni politiche; Lei che ha vissuto queste esperienze in prima persona credo che possa fare delle riflessioni che vadano oltre la semplice considerazione politica.

LOBIANCO. Signor Presidente, sono in corso dei giudizi.

PRESIDENTE. Mi permetta di esprimere le mie riserve sui giudizi in corso e di ciò me ne assumo la responsabilità: da quel poco che abbiamo visto delle contestazioni avvenute sia a Perugia (dove addirittura oggi si avanzano ipotesi alternative; partendo dalla bancarotta fraudolenta, il pubblico ministero in aula davanti al GIP ora avanza l'ipotesi alternativa del peculato per distrazione, e pensare che il peculato per distrazione nel nostro codice non esiste più!) che presso la procura di Roma (dove il capo di imputazione e la genericità delle formulazioni a tutto possono ricondurre tranne che ad una responsabilità penale personale) - modestamente qualche cosa di giurisprudenza ancora me la ricordo dopo aver fatto per 29 anni il magistrato! - non farei molto affidamento sui giudizi della magistratura. Non vorrei invadere quel campo, ma si tratta di giudizi che, comunque, la magistratura darà con i limiti ed i poteri del processo penale, mentre noi stiamo facendo un'inchiesta politica per capire che cosa è accaduto nella Federconsorzi durante e dopo la fase del commissariamento.

Riguardo a ciò, Lei riferiva di pressioni di personaggi o di potentati economici, ma dei riferimenti di ordine pragmatico deve pure averli. Non è soltanto un giudizio ex post - come potrei fare io - di che cosa è avvenuto. Da chi ha vissuto quelle vicende ci si aspetta di sapere chi era che premeva perché la Federconsorzi andasse in una direzione piuttosto che in un'altra o se addirittura fosse preordinato l'andamento della Federconsorzi per poter poi fare accadere in senso strategico quello che è avvenuto.

LOBIANCO. Ribadisco, signor Presidente, che si trattava di una mia sensazione. La Federconsorzi faceva da calmiere, aveva officine e agenzie anche nelle zone di montagna e questo non faceva comodo "al privato". Se non ci fosse stato il calmiere delle agenzie anche in una frazione di montagna "il privato" avrebbe potuto vendere e questo dava fastidio ad un sistema alternativo a quello cooperativo della Federconsorzi.

La Federconsorzi aveva officine aperte anche fuori orario e nelle zone dove venivano utilizzati pochissimi macchinari, perché era al servizio degli agricoltori di una certa zona e certo il meccanico privato non traeva vantaggio da questo. La Federconsorzi faceva paura a quelli che avrebbero potuto speculare facendo venir meno questo sistema che, invece, aiutava gli agricoltori. Si trattava soltanto di sensazioni politiche in quanto non ho nomi da fare, né indicazioni da dare.

PRESIDENTE. L'autonomia che lei rivendicava alla Coldiretti doveva necessariamente essere contrastata, per quelle che erano le sue sensazioni - magari non le sue conoscenze -, da una ben precisa direzione? Le pressioni avverso questa sua testarda voglia di riscattare la Coldiretti da una dipendenza squisitamente politico-correntizia venivano da qualcuno che aveva invece interesse a tenerla asservita ad un progetto strategico oppure ad un piano di natura politica o economica? A volte interessi politici ed economici si intersecano e gli uni sono portatori degli altri. Queste cose vanno dette con chiarezza altrimenti non arriveremo mai ad un chiarimento. L'intera situazione potrebbe invece anche essere fatta risalire ad una semplice decisione da parte di un Ministro, quale che sia il suo nome, di commissariare un ente che, secondo le informazioni che riceveva, funzionava male.

LOBIANCO. Signor Presidente, mi permetto anche in questo caso di fare una considerazione politica. In altri tempi uomini di partito e politici non avrebbero assistito passivamente a questi fatti.

PRESIDENTE. Perché allora ciò è accaduto? Non le sembrava strana questa passività da parte del sistema politico? Lei ritiene che questa passività fosse orientata oppure che derivasse da altre vicende?

LOBIANCO. Sempre secondo quelle che erano le mie tesi politiche, sostenevo che si era passati da un'attenzione verso il sistema produttivo ad una verso quello finanziario, tanto è vero che alcuni giornali riportarono le mie dichiarazioni. Si era passati dalla finanziarizzazione dell'economia a quella della politica.

Questa era una delle mie idee. Nel momento della crisi industriale della Fiat e dell'Olivetti, era stato possibile trovare 3 mila o 4 mila miliardi per la fiscalizzazione degli oneri sociali, mentre ciò non fu possibile per evitare quanto poi accadde per la Federconsorzi e per i consorzi agrari. Quando si decise, da un punto di vista politico, di commissariare la Federconsorzi, io feci presente di fare attenzione perché la Federconsorzi era molto utile al mondo agricolo. Mi si disse che non esistevano possibilità diverse. Tutta l'azione di difesa della produzione mediterranea stava saltando, si arrivò al set aside e a decisioni di politica europea che favorirono coloro che non producevano rispetto a coloro che producevano. La forte attenzione politica degli anni precedenti era venuta meno negli anni 80 e con essa risultava evidente una minor cura verso tutti i problemi del mondo agricolo, in particolare quelli della Federconsorzi.

PRESIDENTE. A suo modo di vedere, si trattava di una disattenzione oppure di una scelta strategica?

LOBIANCO. Non sono in grado di giudicare se si trattava di una scelta strategica. Avrei dovuto essere a conoscenza di una convenzione, di un accordo in questo senso. Era una mia sensazione avvalorata anche dall'umore degli agricoltori italiani che si sentivano abbandonati.

PRESIDENTE. Rispetto al commissariamento caparbiamente voluto dal presidente Goria, nell’arco di una nottata e senza quasi consultare nessuno, lei ebbe modo di manifestare la sua contrarietà? In caso affermativo che risposte ha avuto? Dal momento che i giornali hanno parlato molto di tali questioni, vorrei da lei una testimonianza, magari in merito ad incontri informali. Nei cosiddetti preconsigli della Federconsorzi c'è mai stata una sorta di concertazione strategica sulla gestione e sulle scelte?

LOBIANCO. Signor Presidente, il 17 maggio 1991 fui invitato presso la Presidenza del Consiglio ad una riunione in cui erano presenti il presidente del Consiglio Andreotti, il segretario della Democrazia Cristiana Forlani, il ministro dell’agricoltura Goria, il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Cristofori e il ministro del bilancio Pomicino. In quella riunione il ministro Goria disse di voler commissariare la Federconsorzi perché la situazione economica era pesante. Gli chiesi come avesse potuto fare una valutazione del genere, dal momento che si era insediato soltanto da un mese, e lui mi rispose di averne esaminato il bilancio che risultava preoccupante.

Il bilancio può essere dichiarato falso o meno, ma non fornisce questi elementi di valutazione. Gli chiesi di prendere qualche giorno di tempo per capire meglio la situazione, ma lui mi rispose di aver già deciso e di aver già agito di conseguenza.

Il ministro Pomicino propose allora di reperire dei fondi per la cooperazione e di fare entrare in tale ambito risorse da non considerare ovviamente a fondo perduto. Il presidente Andreotti sostenne che il Governo non disponeva di risorse per un'operazione del genere per cui mi rivolsi a Forlani, che in altre circostanze aveva difeso il mondo agricolo, chiedendogli di comunicarmi se il problema era effettivamente rappresentato dalla Coldiretti oppure se magari esistevano accordi sotterranei non di mia conoscenza.

Successivamente chiesi che tipo di commissariamento avesse in mente il ministro Goria. Lui stesso ribadì di aver già deciso e di aver già agito di conseguenza. Al termine della riunione chiesi ancora chi fossero i commissari e Goria mi rispose che si trattava di persone di sua fiducia. Fece i nomi del professor Gambino, del dottor Cigliana - che non conoscevo -, e del dottor Locatelli, di cui conoscevo qualcosa dai giornali per essere un consulente del partito socialista dell'epoca.

Tornato in ufficio mi telefonò il presidente della Federconsorzi che mi comunicò l'imminente arrivo di una notifica. Era già stato tutto deciso a livello politico. La settimana successiva si svolse poi un incontro dei consiglieri comunali, al quale partecipò Forlani, nel corso del quale io dichiarai che se qualcuno pensava di attaccare la Coldiretti si sbagliava. Ribadii che la Coldiretti sarebbe stata la stessa, anche senza la Federconsorzi. Anche se non ritenevo si fosse fatta una cosa buona, e pur confermando la nostra lealtà al Ministro, speravo che la Coldiretti potesse andare avanti. Successivamente non ebbi mai modo di partecipare alle riunioni che si svolsero a piazza del Gesù.

Soltanto in un'occasione, parlando con Forlani, lui mi disse che forse era stato ingannato. Siccome quest'affermazione poi a Perugia l'ha negata - si tratterebbe quindi della mia parola contro la sua - non mi sento di metterla in discussione. Gli chiesi comunque se si rendeva conto del fatto che era stato distrutto un grande patrimonio del mondo agricolo. Personalmente non ho mai partecipato ad alcuna riunione a piazza del Gesù, ma ho soltanto ricevuto presso Palazzo Chigi la notifica del commissariamento.

Nel corso di vari incontri con il ministro Goria, nella mia veste di presidente della confederazione, insieme ad altri presidenti di altre confederazioni, c'è stato esposto il piano di risanamento. Spesso si è sentito dire che la Coldiretti interferiva, quando in realtà mi permetto di ricordare che è stato lo stesso ministro Goria, per ben due volte, a scrivere lettere ufficiali a me e al presidente Gioia della Confagricoltura nelle quali metteva in evidenza quanto fosse pesante la situazione della Federconsorzi.

Che senso ha prima procedere al commissariamento e poi chiederci aiuto rispetto alla situazione che si era venuta a creare?

La prima lettera la scrisse il 9 agosto 1991 e la seconda volta nel 1992. Le lettere erano indirizzate a me e al presidente Gioia. Alle lettere era allegato un progetto tendente a dare vita ad Agrisviluppo. Non si può prima procedere al commissariamento e poi chiederci aiuto. Gli risposi che il progetto poteva anche essere accettabile purché i consorzi agrari recitassero il ruolo di attori.

In questa situazione non c'è stata concertazione per il commissariamento della Federconsorzi, a me è stato solo notificato politicamente.

PRESIDENTE. Quand'è che lei per la prima volta ha sentito parlare di commissariamento?

LOBIANCO. Una volta mi venne a trovare il direttore generale della Federconsorzi, il dottor Pellizzoni, il quale venne a lamentarsi con me che il piano di risanamento che lui aveva proposto procedeva lentamente. E aggiunse che la stessa cosa avveniva nell'unificazione dei consorzi agrari, e via di seguito. Poi mi chiese che cosa io ne avrei pensato di un commissariamento. Io mi limitai a dirgli che ci avrei pensato sopra. Ma quando ci ho pensato, tra me e me, sono stato contrario perché non si trattava del commissariamento di un'azienda, ma di un sistema e quindi esso avrebbe bloccato il funzionamento di tutto il resto. Avevo incontrato il ministro Goria qualche giorno prima del commissariamento, mi aveva fatto presenti alcune sue preoccupazioni, ma non mi aveva parlato di commissariamento.

PRESIDENTE. Quindi Goria non gliene aveva parlato prima?

LOBIANCO. No.

BUCCIERO. Dottor Lobianco, lei ha detto che le dichiarazioni da lei fatte, poi riprese dalla stampa e oggi richiamate dal Presidente, erano solo dichiarazioni politiche. Volevo solo ricordare che questo l'ha detto per precisare che la sua eventuale mancata risposta a delle domande precise avrebbe potuto avere conseguenze giuridiche, quindi lei si limitava a questa valutazione delle sue dichiarazioni. Io volevo dire però che anche la decisione di commissariare la Federconsorzi è stata una decisione politica, che poi ha avuto delle gravi conseguenze giudiziarie. Che sia stata una decisione politica lo ha detto lei stesso quando ha ripetuto che c’erano dei potentati - lei li ha chiamati così, oggi si potrebbero chiamare "poteri forti" - che remavano contro o avevano interessi di diverso tipo. Fatta questa premessa, la domanda è la seguente. Mentre questi potentati agivano, ma evidentemente agivano sotterraneamente, sembra che lei non avesse capito alcunché della manovra che si stava compiendo, né soprattutto lo avevano capito i tanti deputati e senatori e parlamentari europei che erano stati eletti in virtù del pieno appoggio della Coldiretti. Voglio solo ricordare, visto che noi siamo delle stesse parti, che Vito Lattanzio era un deputato e dirigente della Coldiretti. Le chiedo perciò di confermarmi se c'era da parte vostra, del vostro gruppo, una assoluta incomprensione o una assoluta mancanza di indagine e se non ci fu nemmeno un tentativo, una volta capito cosa stava avvenendo, di opporre qualche resistenza ad un progetto, che poi è ben riuscito, attraverso questa massa di deputati e senatori.

La seconda domanda riguarda i controlli del Ministero. Io ho partecipato alle sedute di questa Commissione un po' sporadicamente, ma ho avuto l'impressione che il Ministero dell'agricoltura non esercitasse controlli così "asfissianti" come avrebbe dovuto fare. Quindi, volevo sapere se anche lei conferma questa impressione.

Volevo poi farle una domanda più specifica sull'accenno che lei ha fatto al contrasto tra pubblico e privato. Lei tendeva a difendere un mondo così vario e così grande come quello della cooperazione e dell'agricoltura e ha ipotizzato che interessi diversi li avessero i privati. Ha fatto addirittura l'esempio delle officine. Siccome non ha sviluppato a fondo l'esempio, allora tento di farlo io. Lei ha detto che mantenevate queste officine, che la Federazione, addirittura con costi economici probabilmente superiori al normale, ha tenuto in vita pur di aiutare gli agricoltori delle zone disagiate, le zone montane, in virtù della solidarietà. E allora evidentemente c'era qualcuno che aveva interesse a che queste officine non ci fossero perché così non si riparavano i trattori e si vendevano più trattori. Se questo è l'esempio, così come ho potuto svilupparlo, visto che lei non è entrato nei particolari, mi chiedo allora come erano i vostri rapporti con la FIAT; sempre in virtù della mia sporadicità di presenza in questa Commissione, ho sentito parlare di una questione di trattori per decine e decine di miliardi. Mi sembra invece che ci fosse stato un rapporto con questo privato e credo che la storia dei trattori forse sia abbastanza indicativa.

Ultima domanda. Pellizzoni le rivolse una domanda che non era, mi pare, solo una curiosità: lei che ne pensa di un eventuale commissariamento? Lei ha detto che non rispose e che poi dentro di sé pensò di essere contrario. Non ha mai supposto che Pellizzoni fosse un messo di qualcun altro per sondare la sua opinione, opinione che, mancando, poi ha provocato il commissariamento? Infatti sembra che sia stata una decisione presa dal solo ministro Goria, che, se non sbaglio, era piemontese, di Torino, che è la stessa città sede della FIAT. Io reputo strano che questa decisione sia stata presa da un solo uomo, all'insaputa di tutti, in assenza totale di un diverso parere suo, o dei suoi deputati, o di tutta la Federconsorzi.

LOBIANCO. Per quanto riguarda la prima domanda, non si tratta di una massa di parlamentari: su 900 parlamentari una trentina non sono certo una massa. Noi svolgevamo un'azione politico-sindacale e la svolgevamo a livello parlamentare e a livello sindacale; ci muovevamo e chiedevamo ai Governi certe cose. A livello parlamentare quando svolgevamo interrogazioni o presentavamo proposte di legge o emendamenti. Non va dimenticato che quando c'è stato il voto contrario sull'IVA zootecnica nacque una questione politica e ne parlarono anche i giornali. Per quanto riguarda il livello parlamentare europeo è chiaro che si svolgeva un'azione in Parlamento europeo a favore del mondo agricolo italiano. Per quanto riguarda le altre questioni voglio fare una puntualizzazione: non sono stato amministratore della Federconsorzi. Quindi si tratta di cose che conosco per sentito dire o che mi hanno riferito.

Per quanto riguarda i controlli del Ministero su questo non ho da rispondere perché credo che ogni funzionario facesse il proprio dovere e che i vari uomini di governo abbiano visto i verbali delle riunioni. Quindi non sono in grado di rispondere se i Governi facessero o meno il loro dovere. Ho fatto l'esempio delle officine per spiegare perché i consorzi agrari avevano margini operativi molto bassi, cioè non avevano guadagni. Il fatto di avere un'officina che costava era un utile per gli agricoltori ai quali si dava la possibilità di riparare il trattore. Che poi dovessero arrivare a comprarne nuovi … Sul fatto della FIAT ho incontrato una sola volta Romiti in occasione di una manifestazione a Modena e so che la FIAT, negli ultimi tempi, vedendo ridurre il numero degli acquisti delle macchine, aveva cominciato a dire che, per quanto riguarda le macchine di movimento terra, revocava la convenzione alla Federconsorzi e si riservava di decidere a quali consorzi darla, riservandosi anche un canale proprio. Per quanto riguardava i trattori, negli ultimi tempi, cominciava a chiedere di scegliere i consorzi tramite i quali venderli. Però si tratta di tutte valutazioni che faccio io.

Per quanto riguarda Pellizzoni, che fosse un messo mandato da qualcun altro non credo. Pellizzoni era un manager aziendale e vedendo anche dal punto di vista finanziario le cose come andavano aveva fretta di poter realizzare quei progetti. Dovendo portare le decisioni nei consigli e nei comitati esecutivi per l’approvazione, si preoccupava della perdita di tempo. Come ho già riferito, mi disse perché non si pensava a commissariare ed io risposi che il commissariamento non sapevo se sarebbe stato utile al sistema e che comunque ci avrei voluto pensare sopra. Poi, ripensandoci per conto mio, arrivai alla conclusione che esso avrebbe bloccato i fidi, avrebbe bloccato tutto il sistema. Credo comunque che fosse stata un'idea di Pellizzoni, ma non posso escludere che sia stata un'idea di qualcun altro.

Per il commissariamento di Goria ripeto quello che ho detto prima. Non mi sono ancora spiegato e ancora oggi mi chiedo come mai un Ministro che stimavo – anche se ebbi alcuni contrasti per altre questioni sempre in termini sindacali e politici – in un mese pensasse di commissariare e nessuno si muovesse. I giornali hanno dato tante giustificazioni ma mi chiedo ancora oggi perché lo abbia fatto. Saranno stati motivi politici, economici, di altro genere, non so.

PRESIDENTE. Un altro argomento. La decisione della Fedit di sostenere finanziariamente i consorzi agrari, che già a metà degli anni sessanta davano segnali di una crisi generalizzata, sempre più grave, fu dettata da una scelta sua e della Coldiretti? Quali ragioni la motivavano? Concorsero motivazioni di consenso di base? La scelta fu compiuta con il consenso e/o l'approvazione politica dei Ministri dell'agricoltura pro tempore?

LOBIANCO. Gli uomini della Coldiretti hanno sempre considerato – come ho detto più volte – la Federconsorzi come un sistema. Che durante il tempo la Federconsorzi abbia acquisito patrimonio e partecipazioni in altre società è un conto, ma gli uomini della Coldiretti hanno sempre pensato che la Federazione esisteva in quanto esistevano i consorzi agrari. Era un'azienda che doveva servire il mondo agricolo e ciò lo poteva fare tramite consorzi agrari.

Negli anni settanta i consorzi agrari pagavano le forniture ricevute dalla Federconsorzi mi sembra il 70 per cento in contanti e il 30 per cento con cambiali. Negli anni ottanta invece è stato l'inverso e questo corrisponde proprio ad una tabella dell'Eurostat in cui i redditi dei nostri agricoltori italiani sono diminuiti del 30 per cento nel decennio. Allora se si fa riferimento a questa riduzione del 30 per cento dei redditi e si guarda appunto a come i consorzi agrari pagavano in contanti o con cambiali, si vede che proprio la crisi del mondo agricolo si è riversata sui consorzi così come si è riversata sulle cooperative anche perché c'è stato un maggiore ricorso al credito. Allora i consorzi facevano ricorso alla Federconsorzi, la Federconsorzi comprava le merci per i consorzi agrari, la Federconsorzi le pagava a sessanta giorni e i consorzi le davano agli agricoltori e le pagavano di anno in anno. Da qui nasce tutta questa disfunzione, nel senso che i guai degli agricoltori si trasferivano sui consorzi che a loro volta li trasferivano sulla Federconsorzi: era un circolo vizioso. Quindi dov'era la decisione presa? C’era una convinzione che la Federazione fosse l'insieme dei consorzi e dovesse aiutare i consorzi. Non c'è stata nessuna decisione presa in questo senso o una deliberazione. Si trattava solo di una convinzione che essendo un sistema cooperativo si dovesse aiutare in modo solidale la Federazione dei consorzi.

PRESIDENTE. E il mondo politico era d’accordo su questo?

LOBIANCO. Per quanto mi riguarda posso dire che ho sempre tentato di tenere il mondo politico fuori dalla gestione della Federconsorzi. Non mi risulta e non ho mai avuto richieste dal mondo politico presso la Federconsorzi. Se mi fossero state fatte, avrei tenuto la Federconsorzi, anzi, non essendo io amministratore, avrei consigliato gli amministratori della Federconsorzi di tenere fuori i partiti dalla Federconsorzi.

PRESIDENTE. Dottor Lobianco, le devo rivolgere tutta una serie di domande che riguardano i rapporti con il professor Capaldo.

Quando si rivolse al professor Capaldo? Il nome di Capaldo le fu suggerito o si trattò di una sua personale determinazione? Perché si rivolse a Capaldo e non ad altri? Che cosa gli chiese? Fu un incarico ufficiale? In quale veste glielo conferì? L'incarico fu retribuito? Come? Quanto? In che cosa si tradusse? Quali furono le indicazioni di Capaldo?

LOBIANCO. Io, come ho detto all'inizio, non ero e non sono stato amministratore della Federconsorzi. Sono stato un politico e un sindacalista per cui avevo delle mie convinzioni e non avevo qualità manageriali. Avevo difficoltà ad entrare nelle strategie aziendali quindi ho rifuggito questo fino agli anni '88-'89. Quando cominciai a leggere sui giornali, che pubblicavano le stime sulla Federconsorzi e sui consorzi agrari e parlavano delle difficoltà, cominciai a preoccuparmi e in questo senso cominciarono a preoccuparsi le due confederazioni, sia io sia il presidente della Confagricoltura. Ci siamo incontrati e abbiamo detto che bisognava andare fino in fondo perché bisognava capire bene se alcune cose sfuggivano ai nostri soci che amministravano la Federconsorzi e qual era la reale situazione, perché se gli uffici, l'azienda presenta i conti e questi conti si chiudono in attivo, però in effetti vi sono delle difficoltà, bisogna appurarlo. Così invitammo gli amministratori della Federconsorzi a chiedere dei dati alla dirigenza. Ci fu, tra mille difficoltà, un primo check-up sui CAP prima da parte della Federazione da sola e poi insieme ad altre società. I dati risultanti da tali incontri non furono positivi. Arrivammo alla conclusione che fosse necessario convocare qualche esperto in grado di darci dei consigli. Nel corso di una cena con alcuni amici, nel parlare della Montecatini o della Montedison, si fece il nome del professor Capaldo, un professore universitario che a suo tempo - lo avevo appreso dai giornali - era stato anche consulente nel caso IOR e per la questione delle dismissioni delle partecipazioni statali.

Dal momento che non lo conoscevo decisi di telefonargli per organizzare un incontro nel corso nel quale gli espressi le mie preoccupazioni. Temevo, infatti, che la situazione economica della Federconsorzi non fosse positiva e questa stessa preoccupazione era condivisa dall'allora presidente della Confagricoltura Wallner. Dal momento che volevamo essere sicuri che i nostri amministratori stessero lavorando nel migliore dei modi, gli proposi, sempre che la Federazione fosse stata d'accordo nell'affidargli tale incarico, di analizzare l'intera situazione della Federazione. Insieme al dottor Wallner parlammo al presidente della Federconsorzi e al direttore generale e lo proponemmo come consulente.

PRESIDENTE. Chi era il presidente dell'epoca?

LOBIANCO. Mi sembra che all'epoca il presidente fosse Truzzi mentre il direttore generale era Scotti. Organizzai quindi un incontro a quattro nel corso del quale proponemmo anche di affidargli un incarico ufficiale che però il professor Capaldo non volle accettare. Si limitò a proporsi per una consulenza di tipo informale. Diede inizio ad una serie di incontri con tutti i dirigenti della Federazione. Dopo qualche tempo ci incontrammo e ci disse che nonostante la situazione non fosse leggera, era comunque possibile risolverla a patto che i consorzi agrari disponessero di un margine operativo diverso da quello del passato, un margine che non permetteva neanche di coprire le spese. Evidenziò la necessità di evitare una dispersione tra molteplici consorzi agrari attraverso una loro unificazione, di predisporre magazzini unici in certe regioni, di vendere il patrimonio non utile al sistema anche al fine di ridurre l'indebitamento con le banche e i conseguenti interessi. Questi suoi consigli furono dati a voce e non sulla base di una relazione scritta. Da quel momento la Federconsorzi cercò di dare attuazione a tali consigli, ad esempio, con l'unificazione di alcuni consorzi provinciali. Qualche tempo dopo, sempre d'accordo con il dottor Wallner, consigliammo i nostri amministratori di dotarsi di un direttore che fosse anche un manager. In quell'occasione si consigliò agli amministratori di procedere al cambio del Presidente Truzzi con Scotti e di assumere Pellizzoni che aveva operato positivamente alla Polenghi Lombardo.

PRESIDENTE. Chi suggerì il nome di Pellizzoni?

LOBIANCO. Il nome di Pellizzoni lo suggerì il presidente Wallner. Ebbi modo di incontrare il dottor Capaldo soltanto in quelle occasioni. Era una persona che stimavo in base al suo curriculum e a quanto avevo sentito in giro.

PRESIDENTE. Ci fu un incarico ufficiale?

LOBIANCO. Non ci fu alcun incarico ufficiale e lui non ricevette parcelle per il suo lavoro.

PRESIDENTE. Il professor Capaldo ha potuto rassicurarvi sulla entità del patrimonio della Fedit e quindi sulla possibilità di far fronte alla posizione debitoria, che allora era ingente, con il valore reale del patrimonio?

LOBIANCO. Lui sostenne che prendendo subito dei provvedimenti al riguardo si sarebbe potuta evitare un'eventuale crisi.

PRESIDENTE. Perché fu assunto un manager esterno invece di fare riferimento a qualcuno del personale già esistente presso la Federconsorzi?

LOBIANCO. Le due confederazioni all'epoca si preoccuparono molto dell'andamento dell'economia. Il giornale "Il Sole-24 ore" aveva fatto delle analisi che non ci avevano convinto, ma non essendo un manager non ero in grado di valutare i dati a disposizione rispetto all'andamento reale. Ricordo che nel 1988-1989 la Commissione agricoltura del Senato fece un'indagine sul sistema agroalimentare. Fu ascoltato il Presidente Truzzi che presentò un documento in cui si proponeva cosa dovesse diventare la Federconsorzi nel sistema agroalimentare. Questo fu il motivo sulla base del quale si pensò di introdurre delle forze nuove che fossero al passo con i tempi e in grado di proporre idee nuove che consentissero di diversificare i prodotti venduti in modo da inserirsi realmente nel sistema agroalimentare rivedendo magari anche alcuni aspetti finanziari della Federazione. Avevamo bisogno di un manager esterno che avesse un certo senso pratico, che avesse già avuto esperienze in altre situazioni analoghe e che contribuisse ad un cambiamento culturale effettivo nella gestione della Federconsorzi.

PRESIDENTE. La scelta di un manager esterno non poteva apparire contraddittoria nel momento in cui in realtà permaneva il reale potere delle due confederazioni di assumere determinazioni? Qual era lo spazio effettivo, l'autonomia gestionale di cui godeva il professor Pellizzoni? Quest'ultimo aveva modo di discutere delle decisioni con voi?

LOBIANCO. Bisogna fare chiarezza sui compiti delle organizzazioni che erano rivolti alle strategie generali relative alla parte economica. Queste strategie venivano deliberate nei congressi e andavano dall'associazionismo alla cooperazione. In ogni congresso e in ogni relazione un capitolo era dedicato alla Federconsorzi e alla preoccupazione che la Federconsorzi fosse sempre al passo con i tempi e adeguata a servire il mondo agricolo.

I dirigenti che venivano scelti si rifacevano ad indicazioni di strategia generale, ma nelle determinazioni amministrative e gestionali erano autonomi. Abbiamo sempre rispettato questo tipo di autonomia e quindi, anche quando abbiamo consigliato assunzioni del genere, è stato il Consiglio di amministrazione ad assumere managers esterni. Noi abbiamo semplicemente dato dei consigli ma non ci siamo sostituiti ad esso.

PRESIDENTE. Non eravate quindi contrari al fatto che Pellizzoni si occupasse in maniera assolutamente autonoma di prendere delle decisioni in merito alla Federconsorzi. In pratica, i vostri consigli erano solo orientativi e quindi non ingerenti nella sua attività.

LOBIANCO. Pellizzoni doveva rispondere al Consiglio di amministrazione della Federconsorzi e non a noi.

PRESIDENTE. Lei era contrario a questo tipo di gestione imprenditoriale da parte di Pellizzoni?

LOBIANCO. Il dottor Pellizzoni presentava in maniera autonoma dei programmi nell'ambito delle riunioni dei dirigenti, dei presidenti dei consorzi agrari e del consiglio e quest'ultimo aveva accettato le sue indicazioni.

PRESIDENTE. Lei personalmente accettava tali indicazioni oppure aveva delle contrarietà nei suoi confronti?

LOBIANCO. Quando esponeva dei progetti tendenti a migliorare la situazione della Federconsorzi non c'era alcun motivo perché fossi contrario dal momento che andava nell'interesse della Federazione.

PRESIDENTE. Ad un certo momento però questo rapporto si incrinò e si ruppe. Nell'audizione di Pellizzoni quest'ultimo ci confessò di essere stato allontanato dalla Federconsorzi.

LOBIANCO. Da quanto mi risulta Pellizzoni non fu allontanato. Talvolta egli veniva a Roma a trovarmi e mi confidava le sue preoccupazioni, ma in realtà lui è stato allontanato dai commissari e non dal Consiglio di amministrazione. Pellizzoni è stato allontanato dalla Federconsorzi dopo il commissariamento e non prima.

PRESIDENTE. Voi non avete esercitato alcuna pressione, o altro?

LOBIANCO. No. Guardi, io i commissari li ho incontrati una volta sola, ho incontrato il professor Gambino e il dottor Cigliana per una questione di cortesia; ho incontrato in aeroporto il dottor Cigliana, ho incontrato il professor Gambino in un altro momento per un'altra questione che non riguardava neanche l'agricoltura, mi pare che mi venne a chiedere un parere. Ma sui commissari non ho avuto nessun potere e non ho esercitato nessuna azione.

PRESIDENTE. Passiamo a un altro argomento. Sembra di poter affermare, da quanto risulta da notizie e fonti di stampa, che per risolvere il problema della Federconsorzi Ella operò tre tentativi. In un primo tempo tentò, previa intesa con i rappresentanti di alcune forze politiche, di fare inserire i consorzi agrari tra i beneficiari degli stanziamenti governativi, per circa 19.000 miliardi, in favore dell'agricoltura, previsti da una legge allora in discussione in sede deliberante dinanzi alla Commissione agricoltura del Senato. Fu il senatore Micolini, allora vice presidente della Coldiretti, a presentare un emendamento che avrebbe assicurato ai consorzi circa un terzo delle provvidenze. Insorse il senatore Fabbri del PSI che, con l'appoggio di esponenti della maggioranza e dell'opposizione, fece rimettere il provvedimento all'Aula e sostanzialmente lo affossò. Questo fu un primo tentativo. Un secondo tentativo, anch'esso frustrato dall'opposizione dei socialisti, sarebbe avvenuto nel corso del disegno di legge sul credito agrario: si sarebbe tentato di favorire i crediti Fedit. Da ultimo, sarebbe stato elaborato una sorta di piano, denominato Lobianco-Pomicino, che prevedeva il commissariamento non della Fedit, ma di un buon numero di consorzi, l'accorpamento di altri, la vendita di beni, la creazione di una nuova società. E' corretta questa ricostruzione dei fatti? O lei può riferirci più dettagliatamente e più articolatamente?

LOBIANCO. Guardi, Presidente, per quanto riguarda la prima questione vorrei precisare che si stava discutendo del rinnovo della legge pluriennale di spesa, che prevedeva una certa somma in cinque anni. In quella somma c'era anche, come era già avvenuto in precedenza, una quota a parte che sarebbe andata, sempre in cinque anni, alla cooperazione. Io ho avuto dei contatti con amici della cooperazione in generale ed eravamo preoccupati dell'andamento delle cooperative, per cui si parlò con questi amici di poter inserire nella legge pluriennale innanzitutto delle norme nuove che potessero aiutare la cooperazione negli accorpamenti, nelle fusioni, nella vendita del patrimonio non utile. Definimmo un progetto denominato "Parim" con tutta una serie di azioni. In questo senso mi ero incontrato più volte con esponenti del mondo della cooperazione, ai quali chiesi di poter far includere anche la Federconsorzi ed i consorzi agrari fra i beneficiari di queste leggi, come era stato fatto in passato per le cooperative. Mi chiedevo: perché, se queste sono cooperative, non devono godere degli stessi benefici, non dei 19.000 miliardi, ma di quella quota che anno per anno sarebbe andata alla cooperazione? Abbiamo avuto degli incontri nei quali si disse che politicamente si era contrari agli stanziamenti per la Federazione, si poteva vedere per i consorzi agrari. E stavamo andando avanti, ma poi venne fuori una dichiarazione del senatore Fabbri, il quale non disse cose precise, perché non si parlava dei 19.000 miliardi, ma della quota annuale che sarebbe andata alla cooperazione. A questo punto chiese anche che si passasse dalla sede legislativa alla sede referente. Il senatore Micolini mi disse che non si poteva bloccare una legge a favore dell'agricoltura per la questione dei consorzi agrari, furono ritirati gli emendamenti che riguardavano questo progetto "Parim" e la legge fu approvata. Quindi, non ci fu un tentativo di far finanziare la Federconsorzi, ma di poter far beneficiare i consorzi agrari e la Federazione degli stessi benefici che aveva la cooperazione.

La discussione sul credito agrario c'è stata quando da parte di alcuni colleghi parlamentari si voleva abolire il credito agrario in natura. Noi abbiamo sostenuto che il credito agrario in natura era utile al mondo dell'agricoltura perché dando concimi, mangimi, sementi, si aveva la possibilità di avere merce buona e di poter fare cambiali agrarie, quindi pagare al momento del raccolto. La tesi che sostenevano mi pare il senatore Fabbri ed altri era quella di fare il credito agrario soltanto in denaro e abolire quello in natura. Si disse che noi sostenevamo quest'ultimo perché difendevamo il sistema Federconsorzi. Noi sostenevamo in primo luogo il principio del credito agrario in natura. Il problema era quello di far sì che permanesse anche il credito agrario in natura.

Sull'accordo con Pomicino, esso non è mai esistito. Io mi sono incontrato con il ministro Pomicino, che allora era il Ministro del bilancio, per dirgli che vi era una situazione di difficoltà del mondo della cooperazione in generale, ed in particolare della Federconsorzi. Pomicino rispose che forse si sarebbe potuto trovare un sistema che desse un aiuto alla cooperazione per le passività onerose, quindi un aiuto sugli interessi, e si sarebbe potuto cercare di far entrare, se le altre forze politiche lo permettevano, anche i consorzi agrari. Quindi non abbiamo fatto nessun accordo, fu un puro scambio di opinioni.

PRESIDENTE. Io non parlavo di accordo, ho chiesto se c'era stato un piano.

LOBIANCO. No, nessun piano.

PRESIDENTE. Questa discussione che lei ebbe con Cirino Pomicino si svolse all'insaputa di Goria? E, in caso di risposta positiva, perché?

LOBIANCO. Non vorrei sbagliare, ma si svolse prima che la Federconsorzi fosse commissariata.

PRESIDENTE. Anche prima del commissariamento ne parlò con Goria?

LOBIANCO. Goria è stato ministro un mese solo prima del commissariamento. Quindi l'incontro con Pomicino avvenne prima del commissariamento. Le nostre preoccupazioni per la Federazione vi erano da alcuni anni, dal 1989, quando cominciammo a leggere sui giornali delle difficoltà che viveva il sistema.

PRESIDENTE. Credo che al pubblico ministero di Perugia lei avesse prospettato che l'atteggiamento di commissariare la Federconsorzi, più che riferito a Goria, è da attribuire al sottosegretario Cristofori, se non vado errato.

LOBIANCO. Era stato un articolo di giornale. Cristofori aveva risposto sui giornali che non era vero.

PRESIDENTE. Leggo dalle sue dichiarazioni rese alla Procura della Repubblica di Perugia il 4 settembre 1996: "Il commissariamento venne disposto il 17 maggio 1991. Nei giorni precedenti, dopo il riferito colloquio con Goria, telefonai all'onorevole Nino Cristofori, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, riferendogli delle mie preoccupazioni suscitate dall'atteggiamento del Ministro. Cristofori mi disse che ne avrebbe parlato al presidente Andreotti e poco dopo, forse nello stesso giorno, mi telefonò dicendomi che per il giorno 17 maggio era prevista una riunione informale presso la Presidenza del Consiglio, a cui ero invitato. E poi, fra le 10,30 e le 11, ci fu quella riunione nel salone privato di Andreotti, dove già si trovavano il ministro Goria, il Ministro del bilancio, l'onorevole Pomicino, l'onorevole Forlani, il sottosegretario Cristofori, e dopo alcuni minuti entrò il presidente Andreotti". Questo è un fatto che lei già ci ha raccontato. Questa riunione presso la Presidenza del Consiglio la volle lei, oppure fu una risposta della Presidenza del Consiglio alle sue preoccupazioni, a quelle preoccupazioni di cui lei aveva parlato con Cristofori?

LOBIANCO. Come le ho detto prima, parlando con Cristofori. dissi che avevo visto Goria preoccupato e che non avrei voluto che agisse in un modo non concordato facendo qualche cosa di non buono. Cristofori mi disse di lasciargli il tempo di pensare. Poi mi chiamò al telefono e mi comunicò che ne aveva parlato con il Presidente e che aveva fissato la riunione per l'indomani. Quindi non so se la riunione fu a seguito della mia telefonata con Cristofori.

PRESIDENTE. Dottor Lobianco, quando avete fatto questa riunione lei ebbe la sensazione che il decreto di commissariamento fosse stato già firmato? Può dire chiaramente di avere avuto la sensazione che il decreto fosse stato già firmato? Parliamo sempre di sensazioni.

LOBIANCO. Lo stesso Goria disse di aver già fatto tutto, di aver già convocato la stampa per una conferenza. Chiesi se non era possibile aspettare qualche giorno, ma egli mi rispose che aveva già predisposto tutto e allora io mi domandai il motivo per il quale mi aveva chiamato.

PRESIDENTE. Dottor Lobianco, faccio riferimento alla sua esperienza maturata sia nei molti anni vissuti in Parlamento, sia come dirigente della Coldiretti e sia per i rapporti con la Federconsorzi, con i dirigenti politici, con i Presidenti del Consiglio che si sono succeduti nel tempo e pertanto le chiedo un giudizio obiettivo: questo commissariamento fu disposto per ragioni reali ed oggettive oppure fu fatto contro la Coldiretti ed una parte della Democrazia Cristiana?

LOBIANCO. E' una domanda che mi pongo tutti i giorni e tutte le notti.

PRESIDENTE. Vorrei registrare in questa sede la sua opinione che - ripeto - non è quella dell'uomo che legge e si documenta sui giornali. A me interessano le sensazioni di chi ha vissuto sulla propria pelle quelle vicende; sembrerebbe – ma è un'opinione personale – che, non essendoci ragioni reali, per le cose che si sono dette e per quelle che si diranno in seguito, di un commissariamento finalizzato al "bene" della Federconsorzi, questo commissariamento fosse di tipo punitivo. Ora, mi domando se fu contro la Coldiretti e una parte della Democrazia Cristiana oppure fu una scelta ontologica per il bene del mondo agricolo e della Federconsorzi in particolare?

LOBIANCO. Questo è quello che ha sostenuto Goria.

PRESIDENTE. Mi appello alla sua onestà intellettuale, pur sottolineando il fatto che, comunque, lei risponderà sempre in base alle sue sensazioni, che però mi appaiono molto qualificate e non da uomo della strada.

LOBIANCO. E' una domanda - ripeto - che mi pongo tutti i giorni e tutte le notti. Alcune volte mi do una risposta nel senso da lei ipotizzato altre volte invece la mia fede religiosa non mi induce a pensare che ci sia stata una cattiveria di questo genere, anche perché si tratta di esprimere un giudizio su una persona morta. Non nascondo che in un certo senso io stesso avevo indicato Goria come Ministro: ero preoccupato delle sorti del mondo agricolo e avevo ipotizzato al presidente del mio Gruppo parlamentare alla Camera dei deputati, Martinazzoli, che ci sarebbe voluto un Ministro dell'agricoltura con esperienza internazionale, che non venisse dal mondo agricolo ma che potesse valorizzarlo; così feci il nome di Goria che era stato Presidente del Consiglio, Ministro del tesoro, Ministro delle finanze e che pertanto avrebbe potuto qualificare il mondo agricolo.

Tutto si può pensare, anche che quest'uomo da me stesso indicato sia stato lo strumento di un'operazione del genere, però la mia fede religiosa mi porterebbe a ritenere il contrario.

PRESIDENTE. Ma come si spiega la caparbietà di Goria nel commissariare senza voler ascoltare nessuno, neanche l'ultimo afflato in quella riunione che a sentire lei fu una presa in giro visto che tutto era stato deciso? Io mi sarei sentito preso in giro.

LOBIANCO. Ed infatti tutto questo l'ho evidenziato all'allora segretario del mio partito: ho detto che non era stata una cosa corretta e che comunque io da cristiano non capivo come in un mese si potesse fare il commissariamento, l'istruttoria e così via. Il fatto stesso che quella sera si sia parlato con la stampa e con i banchieri di un progetto di tre società, vuol dire che era tutto predisposto.

PRESIDENTE. Quindi dobbiamo scartare la buona fede.

LOBIANCO. Non lo so. Come cristiano non dovrei; come uomo…

PRESIDENTE. Purtroppo non discutiamo di fatti di religione, ma di fatti umani.

Come uomo che ha un minimo di raziocinio, debbo ritenere che quella riunione fosse una presa in giro se tutto era stato già deciso. Altrimenti lei come la qualificherebbe?

LOBIANCO. Che la riunione sia stata una presa in giro è certo.

PRESIDENTE. Quindi prima di pensare alla buona fede c'è un baratro.

LOBIANCO. Visto che era tutto fatto mi domando perché mi hanno chiamato. Sul resto non sono in grado di poter esprimere un giudizio. Si tratta di una domanda che mi pongo da dieci anni.

PRESIDENTE. Lei se la pone come domanda, mentre per noi è la ricerca di una risposta che dobbiamo dare al Parlamento.

LOBIANCO. Per poter dire sì o no una persona deve avere degli elementi.

BUCCIERO. Può avere dei sospetti.

PRESIDENTE. Quali erano in ordine a questo argomento del commissariamento le posizioni degli altri partiti ed in particolare del Partito Socialista Italiano? Le chiedo del PSI perché ho letto che, quando c'è stato il commissariamento, questo partito e soprattutto il senatore Fabbri insistevano per la liquidazione coatta amministrativa per poter far emergere delle responsabilità di ordine gestionale o politico.

Vorrei quindi chiedere al dottor Lobianco, non in qualità di presidente della Coldiretti, ma di parlamentare se si aprì una faida tra gruppi e partiti politici che esplose dopo qualche anno.

LOBIANCO. Non è un mistero, signor Presidente, che il Partito socialista non fosse benevolo nei riguardi della Federconsorzi e che in particolare il senatore Fabbri avesse svolto un'azione contraria alla stessa, tanto che si complimentò sulla stampa con il ministro Goria del coraggio che aveva avuto nell'avviare il commissariamento e prendendo atto di questo sperava – ci fu anche un dibattito televisivo su questo argomento - che si andasse più a fondo e che emergessero delle responsabilità.

PRESIDENTE. Può essere accaduto che Goria cedette ad una qualche pressione politica per commissariare, ma che dopo il commissariamento, quando si aprì la questione della soluzione giudiziale (concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa o liquidazione volontaria, cioè una delle forme di liquidazione d'azienda), abbia fatto marcia indietro e "pentito" abbia optato per il concordato e quant'altro?

LOBIANCO. Questa è la tesi che espose Compagna su "Il Sole 24 ore" parlando della DC dei banchieri che batte la DC dei contadini.

PRESIDENTE. Quindi non l'ho inventata io, sono in buona compagnia. Comunque non volevo arrivare a questo.

LOBIANCO. In questo articolo si diceva che alla fine si era trovato un accordo per cui i socialisti non hanno più insistito.

PRESIDENTE. Sa perché le dico questo? Perché potrebbe nascere il sospetto che Goria fosse stato indicato al Dicastero dell'agricoltura proprio per l'esperienza che aveva avuto con il mondo bancario e quindi al fine di saldare i due mondi o di concertare tra di essi nel migliore dei modi.

LOBIANCO. Mi auguro che questa Commissione possa svolgere un'indagine molto approfondita su questo aspetto. PRESIDENTE. Dottor Lobianco, se le indagini potessero dare risultati positivi basandosi solo sullo Spirito Santo noi potremmo fare anche a meno delle dichiarazioni degli uomini, ma purtroppo così non è; quindi, dobbiamo affidarci a testimonianze dirette, sincere e veritiere.

LOBIANCO. Signor presidente, come faccio ad esprimere opinioni...

PRESIDENTE. Lei ha vissuto in Parlamento, nella Coldiretti, nella Federconsorzi. Se persone come lei non riescono a fornire dei chiarimenti, su cosa deve lavorare la Commissione? Su quali personaggi dovrà appuntare il suo interesse per avere chiarimenti?

LOBIANCO. Posso esprimere delle opinioni, dei dubbi. In sede giudiziaria ho manifestato alcuni dubbi. Alcuni giornali scrissero che Goria aveva proceduto al commissariamento per rilanciare il suo nome, altri per degli accordi sotterranei. Io non so quale sia la tesi esatta.

PRESIDENTE. Da lei non voglio opinioni o ricostruzioni apodittiche, ma sapere semplicemente se nel tempo lei, che ha vissuto queste vicende e che aveva certi contatti come parlamentare, come presidente della Coldiretti e come uomo politico attivo nell'ambito della Democrazia Cristiana, avesse avuto contezza di attacchi provenienti da questa o da quella parte politica, di che misura erano, se la posizione di Goria su questa scelta fu poi consequenziale o se invece oppose una resistenza alla liquidazione coatta amministrativa. A quel punto l'unica soluzione possibile, o almeno la più probabile, era quella della liquidazione coatta amministrativa più che quella di un concordato preventivo, che si è svolto nelle forme in cui si è svolto e con tutte le polemiche e i processi attualmente in corso.

LOBIANCO. Senza voler togliere nulla ad eventuali responsabilità che possono essere accertate nei giudizi sia sulle persone che su eventuali inefficienze del sistema, nessuno può negare che ci fosse una situazione di difficoltà oggettiva del sistema. In base a quanto ho letto sono convinto che l'attivo fosse uguale al passivo e quindi che si dovessero trovare delle risorse per pagare i creditori senza per questo annullare il sistema. In una riunione con i presidenti dei consorzi agrari si disse che l'unica strada possibile era quella del concordato. In questo modo sarebbe stato possibile pagare i creditori senza distruggere il sistema nel suo complesso.

Se la Federconsorzi fosse stata messa in liquidazione sarebbe venuto meno quel sistema che prevedeva alcune agevolazioni per gli agricoltori, il credito in natura e in denaro, la possibilità degli ammassi e dello stoccaggio. Con la liquidazione queste possibilità sarebbero venute mentre con il concordato preventivo si sarebbe data la possibilità di pagare i creditori garantendo ad una parte della Federconsorzi di svolgere la sua attività sulla base di un sistema diverso. Potevano ancora essere mantenuti tutti i crediti dello Stato.

BUCCIERO. La differenza tra i due tipi di concordato è data dal fatto che uno è con garanzia di terzi mentre l'altro avviene con la cessione di tutti i beni.

LOBIANCO. Rimaneva comunque in piedi la legge istitutiva che poteva essere rivista e quindi la scelta tra le due possibilità era reale. Idealmente noi preferivamo questo tipo di scelta. In ogni caso non fummo noi a decidere quale scelta adottare.

PRESIDENTE. Le risulta se gruppi privati aspirassero all'acquisizione della Federconsorzi? Quali?

LOBIANCO. Ho letto qualcosa del genere sui giornali. Ho letto su Panorama o sull'Espresso di un certo accordo tra Fiorini e Locatelli. Una volta venne a trovarmi il professor Gambino per chiedere, a nome del presidente Auletta, cosa ne pensasse la Coldiretti di un'eventuale cessione della maggioranza delle azioni della Banca dell'agricoltura alla finanziaria del signor Gennari, che avrebbe poi dovuto ricostruire una sorta di Federconsorzi. Su tale questione sono stato poi interrogato a Milano nella causa tra Gennari e la Banca dell'agricoltura e io risposi al professor Gambino che tutto ciò che era fuori dal mondo agricolo non mi interessava e poteva interessarmi solo se il mondo agricolo fosse stato partecipe in una misura possibilmente maggioritaria. In ogni caso si tratta di notizie che io conosco soltanto dai giornali.

PRESIDENTE. Lei dopo il commissariamento incontrò il ministro Goria?

LOBIANCO. Ho incontrato il ministro Goria più volte. Sono stato chiamato presso il ministero per discutere con lui di varie questioni.

PRESIDENTE. Avete mai discusso di quale sarebbe stata la sorte dopo questa sua decisione improvvisa, ovviamente per chi l'aveva dovuta apprendere da una notifica.

LOBIANCO. Il ministro Goria aveva distribuito alla stampa e alle banche un progetto relativo a tre società. Sia alla Camera dei deputati che al Senato egli ha fatto riferimento a queste società. Successivamente, quando le banche si dichiararono non disposte in questo senso, fece fare anche un'indagine - che non si seppe mai da chi dovesse essere pagata - da un ente, che mi pare fosse l'IMI, in vista della creazione della cosiddetta Agrisviluppo.

Nelle lettere inviate a me e al presidente Gioia egli aveva allegato anche queste proposte. Ci parlò più volte della possibilità di riorganizzare il sistema facendo entrare i consorzi agrari, il mondo agricolo. Ci fece capire che noi per primi avremmo dovuto incoraggiare gli agricoltori, dal momento che erano necessari finanziamenti molto ingenti. Gli incontri con il Ministro sono stati anche di altro genere, in merito ai sindacati, alla comunità.

PRESIDENTE. Ha potuto seguire le iniziative dei commissari, quei tentativi di accordo con il mondo bancario di cui poi si è scritto?

LOBIANCO. Rispetto al mondo bancario non so. Mi chiese notizie uno dei Presidenti di alcuni consorzi agrari che erano stati chiamati dai commissari o dal commissario, non riesco a ricordare se ciò si svolse prima o dopo il passaggio al commissario unico, a far parte dell'Agrisviluppo facendo una transazione tra i debiti che avevano i consorzi con la Federconsorzi e una parte dei crediti che avevano verso lo Stato. Il presidente si meravigliò del fatto che da una parte i crediti erano stati considerati svalutati e dall'altra invece, nel momento in cui si trattava di prenderli da coloro verso i quali si era creditori, avevano un valore. C'è stato un rapporto tra i commissari, Agrisviluppo e i consorzi agrari. Una volta mi chiamò su tale questione il ministro Fontana chiedendomi una collaborazione, ma io gli risposi che ne volevo rimanere fuori.

PRESIDENTE. Risulta da notizie della stampa e da sue stesse dichiarazioni che mentre in ABI avvenivano riunioni tecniche, le riunioni politiche dei banchieri vicini alla Democrazia Cristiana avvenivano presso la sede del partito. Parrebbe - uso volutamente il condizionale - che queste fossero coordinate dallo stesso sottosegretario Cristofori e che vi partecipassero il presidente dell'ABI Barucci, il direttore generale del Banco di Napoli, Ventriglia, e Capaldo.

LOBIANCO. È una notizia che ho appreso dai giornali.

PRESIDENTE. Una volta appresa la notizia dai giornali lei non si è mai incuriosito, non ha mai voluto saperne di più?

LOBIANCO. Ero rammaricato che questa notizia fosse venuta fuori.

PRESIDENTE. Queste cose avvenivano dunque?

LOBIANCO. Signor Presidente, le ripeto che queste erano notizie apprese dai giornali e quindi posso solo supporre che avvenissero.

PRESIDENTE. Lei non sa chi volesse queste riunioni?

LOBIANCO. Io non lo so. Ho detto che ho letto i giornali.

BUCCIERO. 17 febbraio 1997: "A tenere i contatti con i banchieri di area DC veniva indicato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, onorevole Cristofori".

LOBIANCO. Tutti i giornali parlavano di questo.

PRESIDENTE. Quello che io voglio dire è che questo dicevano i giornali, ma lei non era incuriosito da queste vicende e non desiderava saperne qualcosa di più dall'interno?

LOBIANCO. Guardi, quei giorni erano giorni terribili. Io ero rammaricato e stizzito per tutto quello che era avvenuto sulle spalle del mondo agricolo italiano; per cui, non essendo stato partecipe delle decisioni prese a monte, non volevo nemmeno essere partecipe delle decisioni a valle.

PRESIDENTE. Dopo questa vicenda, lei sa qualcosa del progetto SO.CON.AGRI.?

LOBIANCO. Per quanto riguarda il progetto SO.CON.AGRI., noi riunimmo i nostri presidenti dei consorzi agrari e quelli della Confagricoltura per poterli assistere, perché in quella situazione si parlava di Agrisviluppo, e non c'era più coordinamento. Allora si pensò di fare una società in cui entrassero i consorzi agrari disposti al coordinamento per poterli assistere, sia nelle vicende del concordato, sia successivamente nei rapporti con i commissari per continuare l'azione di assistenza. Questo progetto SO.CON.AGRI. è andato molto lento; ultimamente ho letto che la società è stata sciolta.

PRESIDENTE. Dopo questa vicenda la Coldiretti cercò nuove e diverse collocazioni, o nuovi appoggi politici all'interno della DC o fuori di essa? O andò avanti quel progetto di autonomia di cui lei ha parlato?

LOBIANCO. Andò avanti il progetto di autonomia.

PRESIDENTE. Avendo appreso delle pressioni che venivano fatte su Goria per la liquidazione coatta amministrativa, la Coldiretti si è attivata per paralizzare questa eventuale scelta?

LOBIANCO. Noi dichiarammo che avremmo avuto una leale collaborazione con il Ministro, pur non condividendo quello che era avvenuto. Essendo lui Ministro della Repubblica italiana, noi assicurammo una leale collaborazione.

PRESIDENTE. Dopo il commissariamento lei ebbe modo di consultarsi con Capaldo sul da farsi?

LOBIANCO. No, con Capaldo ci siamo visti non mi ricordo in quale incontro e lui si dichiarò rammaricato di quello che era avvenuto. Mi disse anche che lui aveva sconsigliato il commissariamento, non mi disse a chi. Quindi, naturalmente, se gli amministratori avessero agito prima, nel senso di fare quello che lui aveva consigliato, forse si sarebbe evitato il commissariamento.

PRESIDENTE. Lei ebbe occasione di promuovere, o comunque caldeggiare l'iniziativa che poi sfociò nella costituzione di S.G.R.?

LOBIANCO. Io non sono stato consultato su questo. Non conoscevo il progetto. Una volta un giornalista mi pose una domanda dicendo che Goria era contrario. Io risposi che non conoscevo il progetto, però se il progetto era quello di rifare la Federazione e metterla al servizio dell'agricoltura, mi sarebbe andato bene; se fosse stato un altro, non mi sarebbe andato bene. Ma su questo progetto non sono stato consultato.

PRESIDENTE. Dopo il commissariamento della Fedit la Coldiretti non cessò di controllare con i suoi uomini i consorzi. Tuttavia i beni immobili strumentali di quasi tutti i consorzi appartenevano alla Fedit. Era pertanto evidente, ed è evidente, che chi li comprava acquisiva di fatto anche il controllo della rete dei consorzi. Fu questa la ragione alla base del progetto S.G.R. e di altri progetti analoghi? Perché chi acquisiva l'intero patrimonio Fedit acquisiva anche l'intero patrimonio, o la maggior parte, dei consorzi agrari, e ciò di fatto portava poi ad un controllo della rete.

LOBIANCO. Vorrei precisare, signor Presidente, che noi non avevamo il controllo dei consorzi agrari. I soci dei consorzi agrari erano anche soci della Coldiretti o della Confagricoltura. Tramite questi soci venivano eletti i consigli, in cui c'era anche il rappresentante del personale. Nel consiglio della Federconsorzi c'erano dieci rappresentanti della Coldiretti, otto della Confagricoltura e tre del personale, per cui, se la Coldiretti non si fosse trovata d'accordo con la Confagricoltura ed il personale, sarebbe stata in minoranza. C'erano sei sindacati presso la Federconsorzi che facevano elezioni per i loro rappresentanti nel consiglio. Quindi, attraverso i nostri soci, "si diceva" che le organizzazioni avevano il controllo della gestione. Quando la S.G.R. acquisiva il patrimonio dei consorzi agrari, non acquisiva anche le licenze di vendita dei consorzi agrari.

PRESIDENTE. Poi vedremo, rispetto al patrimonio immobiliare, quali erano i criteri di rivalutazione, più o meno fasulli, che si dispiegarono nel tempo. Di fatto il patrimonio immobiliare era quello che andava a pareggiare i bilanci, attraverso le rivalutazioni nel tempo. Ma chi si impossessava fisicamente del sistema immobiliare dei consorzi agrari, di fatto andava poi a controllarli.

LOBIANCO. Può anche essere, ma non sono in grado di entrare nel merito del progetto.

PRESIDENTE. Nel periodo compreso tra l'anno 1982 e il 1991 (e dico dal 1982 perché la legge istitutiva della Commissione ci obbliga a cominciare da quella data) la Coldiretti redigeva regolari bilanci? Venivano pubblicati? Dove? Dove è possibile leggerli? Dove erano o sono custoditi? LOBIANCO. La Coldiretti era un'associazione e in base al suo statuto non doveva pubblicare i bilanci. I bilanci della Coldiretti venivano approvati dai consigli nazionali.

PRESIDENTE. E dove è possibile reperirli?

LOBIANCO. Presso la Coldiretti.

PRESIDENTE. Volevamo sapere se c'erano dei regolari bilanci, dei consuntivi che venivano offerti al controllo, oppure venivano approvati dall'assemblea.

LOBIANCO. Vengono approvati dal consiglio nazionale e c'è un collegio sindacale che li approva, come tutti i sindacati.

PRESIDENTE. Quindi, eventualmente, possiamo anche reperirli.

Quali erano, per statuto, le condizioni che legittimavano e tuttora legittimano l'iscrizione alla Coldiretti?

LOBIANCO. Adesso lo statuto è cambiato.

PRESIDENTE. Le chiedo di farci avere una copia dello statuto.

LOBIANCO. E' scritto nello Statuto della Confederazione nazionale coltivatori diretti, all'articolo 7, che si intitola "Federazioni associate e organizzazioni aderenti": "Sono socie della Confederazione le Federazioni Provinciali dei Coltivatori Diretti, ammesse a termine del successivo articolo 8.

Possono chiedere di aderire alla Confederazione organizzazioni sindacali costituite da imprenditori agricoli che perseguono finalità identiche a quelle della Confederazione.

Possono altresì aderire alla Confederazione associazioni od enti costituiti per l'incremento tecnico ed economico dei singoli rami della produzione agricola e zootecnica".

PRESIDENTE. E la Federconsorzi e i consorzi agrari erano iscritti alla Coldiretti?

LOBIANCO. La Federconsorzi sì, i consorzi agrari no. La Federconsorzi aveva chiesto l'11 settembre 1981 di essere iscritta. Infatti si legge nella lettera di adesione: "In esecuzione della delibera del consiglio di amministrazione della Federazione italiana dei consorzi agrari in data 11 giugno corrente anno comunicata al Ministero dell'agricoltura e foreste il 30 giugno successivo e vista la nota di quest'ultimo in data 4 agosto scorso che prende atto di detta delibera, la Federazione volendo proseguire nell'opera di sostegno sempre prestata nei confronti della Confederazione Nazionale Coltivatori Diretti chiede le venga formalmente riconosciuta anche per il futuro la qualità di socio aderente".

PRESIDENTE. Quindi la Federconsorzi era socia della Coldiretti e a sua volta la Coldiretti e la Confagricoltura erano socie della Federconsorzi?

LOBIANCO. No, le due confederazioni non erano socie. Era la Federconsorzi che era socia delle due confederazioni.

PRESIDENTE. La Fedit versava alla Coldiretti una quota associativa annuale fissata dalla stessa Coldiretti: ricorda a quanto ammontava?

LOBIANCO. Circa 5 miliardi.

PRESIDENTE. Le risulta che tali quote – miliardarie - non sono mai state esposte nei bilanci della Fedit fino al 1990?

LOBIANCO. Che fossero esposte in un certo modo non lo so perché i bilanci erano riassuntivi. Posso soltanto dirle, signor Presidente, che il ministro Goria parlando alla Camera dei deputati il 12 giugno 1991 ebbe a dire: "Sul piano delle elargizioni e del personale in attività, avendo anch'io letto i giornali, ho chiesto chiarimenti ai commissari, nei limiti del tempo e delle possibilità, ottenendone una risposta molto trasparente: la Federconsorzi anche in questo caso ha scritto tutto quello che ha fatto, in termini sia di contribuzione sia di prestazione del personale sia di rimborso del personale prestato alla Coldiretti, facendo appello all'articolo del proprio statuto che le imponeva compiti sociali e soprattutto tesi all'istruzione ed all'amministrazione professionale. E' tutto dichiarato e trasparente, perciò, nel momento in cui si deve contestare qualcosa, si devono mettere in discussione le motivazioni e non certo la scorrettezza degli atti". Quindi se Goria aveva ottenuto queste notizie dai commissari vuol dire che era chiaro.

PRESIDENTE. Non so però se i commissari avessero guardato o meno i bilanci perché altrimenti non avrei formulato questa domanda.

LOBIANCO. Signor Presidente, ho riportato semplicemente quanto affermato da Goria alla Camera dei deputati nella seduta del 12 giugno 1991, presso la XIII Commissione.

PRESIDENTE. Infatti ne ho preso nota. Altri soggetti giuridici, diversi dalla Fedit e dai consorzi, erano iscritti alla Coldiretti? Quali? Versavano quote associative?

LOBIANCO. Sì, c'erano altri soggetti giuridici, come l'A.I.A e l’A.N.B., per esempio, che versavano le quote associative che erano regolarmente scritte in contabilità. Come risulta dagli allegati alla Commissione di indagine ministeriale, i contributi venivano versati con assegni bancari intestati alle confederazioni con regolari ricevute, bolli e marche da bollo e la Coldiretti li ha sempre inseriti nei suoi bilanci.

PRESIDENTE. Infatti parlavo dei bilanci Fedit.

Faccio una breve premessa: la Fedit ha erogato per molti anni, oltre alle quote, rilevanti contribuzioni alla Coldiretti (nel solo periodo 1985-1991 la Coldiretti parrebbe aver ricevuto ben 31.946 milioni dei quali 27.350 a titolo di quote associative) con la seguente motivazione: "fornire ai produttori agricoli italiani mediante accordi con le loro associazioni ed organizzazioni adeguata assistenza e concreta possibilità di consapevole orientamento nel campo economico, tecnico culturale ed organizzativo".

Le chiedo: corrisponde al vero che la Fedit pagava in tutto od in larga parte le pubblicazioni della Coldiretti, le spese dei congressi ed altro?

LOBIANCO. Questa è una lettera anonima che è giunta anche a me. Le pubblicazioni della Coldiretti non le pagava la Federconsorzi, ma venivano stampate presso una società della stessa di cui non ricordo il nome. C'erano dei contratti tra la Coldiretti e queste società.

PRESIDENTE. Erano una promanazione della Fedit queste società?

LOBIANCO. Sì e venivano emesse delle regolari fatture e stipulati contratti per spese di pubblicità che era cosa diversa dalla propaganda.

PRESIDENTE. I contributi vennero dati per la prima volta nel 1985?

LOBIANCO. No, i contributi vennero dati anche prima che io fossi presidente ed io ho lasciato invariata la quota in base a quella lettera di adesione che ho letto prima.

PRESIDENTE. Ora le pongo alcune domande un po' più delicate.

Risulta che i contributi annuali venivano corrisposti dalla Fedit alla Coldiretti a mezzo di assegni circolari. L'interrogativo è il seguente: perché, se si trattava di contributi ritenuti legittimi, non si procedeva ad accreditare le somme sui conti della Coldiretti e si adottavano invece così anomale ed invero sospette modalità? Quale destinazione avevano gli assegni circolari? Venivano girati da lei? A chi? Con quali fini?

LOBIANCO. Per il 1991 la Coldiretti ha rinunciato al contributo, diversamente dalla Confagricoltura che ha fatto causa per ottenere il suo inserimento tra i creditori. C'è la sentenza del tribunale civile di Roma che ha autorizzato la Confagricoltura ad inserirsi tra i creditori ed ha riconosciuto legittimo il contributo.

Per quanto riguarda la questione dei contributi che venivano dati mese per mese, ogni 2-3-4 mesi io o il segretario centrale passavamo questi assegni all'amministrazione che li versava in banca.

PRESIDENTE. Non era più spedito che mese per mese si facesse l'accredito sul conto corrente bancario della Coldiretti?

LOBIANCO. Non ci siamo mai posti questo problema.

PRESIDENTE. Il problema è vedere quale destinazione finale avevano questi assegni circolari.

LOBIANCO. La destinazione finale è che entravano nella cassa della Coldiretti e venivano iscritti nei bilanci. Se lei riuscirà ad avere i bilanci, vedrà che il contributo della Federconsorzi era inserito veramente in bilancio. Ho una copia fotostatica di un bilancio e quando versavo questi contributi l'amministratore mi rilasciava regolare riversale di incasso.

PRESIDENTE. Dottor Lobianco, lei deve comprendere le nostre perplessità, anzi un mio dubbio personale che non voglio addebitare ad altri: si fanno questi assegni circolari, si danno a lei, lei li firma con girata, li consegna all'amministratore che li registra e li deposita in banca. Ma allora non era più semplice fare l'accredito sul conto corrente della Coldiretti?

LOBIANCO. Signor Presidente, non so perché si facesse così. E' un'usanza che ho trovato e che ho mantenuto. Non c'era niente di straordinario.

PRESIDENTE. Si trattava quindi di una partita di giro che poteva essere semplificata.

LOBIANCO. Non si trattava di una partita di giro. Gli assegni venivano portati - le copie le ha trovate la commissione di indagine ministeriale -, la confederazione metteva il timbro, le marche da bollo, la firma e poi passavano alla registrazione di cassa. Si trattava di una procedura molto semplice e corretta. Non mi sembra un modo di procedere irregolare.

PRESIDENTE. Mi chiedevo soltanto se non esistesse una procedura più semplice, magari attraverso un accredito diretto alla Coldiretti.

Lei, nella sua veste di presidente della Coldiretti, disponeva di un'autovettura di servizio? Era di proprietà della Coldiretti o della Fedit? Non mi interessa sapere se lei disponesse di un'autovettura di servizio ma soltanto di chi fosse la proprietà di tale mezzo.

LOBIANCO. Non avevo a disposizione autovetture della Fedit. Per un certo periodo ho avuto a disposizione una macchina quale presidente del FATA ma non dalla Federconsorzi.

PRESIDENTE. Come spiega il canone irrisorio che la Coldiretti pagava formalmente alla Fedit per la locazione di Palazzo Rospignosi? A quanto ammontava il suo compenso come presidente della Coldiretti?

LOBIANCO. Il presidente della Coldiretti non percepiva compensi perché era un parlamentare. Riceveva dei rimborsi spese. Per quanto riguarda la questione degli immobili di cui tanto si è parlato, rientra in quell'azione che avveniva tra soggetti che presentavano sostanziali affinità istituzionali e allo scopo evidente di realizzare il conseguimento dei fini propri del soggetto proprietario, in questo caso la Federconsorzi, con una convergenza di interessi con il soggetto beneficiario, la Coldiretti, rilevabile dalla contestualità di vari elementi e considerazioni. Leggendo entrambi gli statuti ci si rende conto della convergenza esistente. In questo senso la procedura prevedeva un contratto regolarmente registrato e un canone che ovviamente non era quello di mercato.

PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringrazio il dottor Arcangelo Lobianco e dichiaro conclusa l'audizione. Sospendo la seduta per venti minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 14,40, è ripresa alle ore 15)