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Discussioni utente:Gpdimonderose

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nna, state pur certi che è già fuori dal pa- radiso della vita, che ha già gustato dell’albero della conoscenza del bene e del male. Ecco perché Mefisto- fele porta una penna sulla testa». La scrittura è perdita dell’innocenza e conquista della conoscenza, in questo caleidoscopico affresco che riguarda in primo luogo lo scrittore, l’uomo ed il letto- re e che da Abelardo ed Eloisa risale sino ad Adamo e a Mefistofele. La scena è rappresentata dal “mondo”, ed il tempo da ciò che al tempo non appartiene, che vi si situa oltre, che è il su- peramento del limite tempo- rale stesso. Non ci troviamo nella Fran- cia dell’XI e del XII secolo, ma in una situazione che costantemente digredisce dai suoi riferimenti impliciti di base. Tentare di cogliere lo “spirito” dell’Abelardo di Feuerbach significa conti- nuamente digredire, poiché l’intero Abelardo è di per se stesso una digressione, la rappresentazione brillante e ironica, profonda e coinvol- gente, dell’erranza propria dell’esistenza umana. Costruito con un sapiente giuoco di specchi, di riman- di, di allusioni, questo gran- de classico della filosofia tedesca viene qui riproposto in una traduzione che, pur nel filologico rigore, sa ren- derne il páthos originale e la capacità di catturare l’attenzione di chi lo legge. La sublime e terribile bel- lezza di Eloisa, la calma ragione di Abelardo, il fuo- co della scrittura, l’insipienza del mondo, la banalità della quotidiana esistenza ne rappresentano lo sfondo e la cornice. Abelardo ed Eloisa sono i simboli universali dei pro- blemi fondamentali del filo- sofare. Eloisa è la Vita, è lo Spirito, Abelardo è la ricer- ca della conoscenza e della verità. Ma Eloisa, proprio perché Vita, è anche l’éros ed è anche la morte, è l’espansione ed è la contra- zione, è il limite temporale ed è il superamento eterno del limite, è dunque proprio quella verità a cui Abelardo aspira. Abelardo ed Eloisa Stendhal, Balzac, Taine Filosofo, storico, critico letterario e chroniqueur, Hippolyte Taine (1828- 1893) esercita una indiscus- sa magistratura intellettuale sulla cultura francese del secondo Ottocento. Pur se assertore di un positi- vismo sotto molti aspetti schematico e intransigente, nondimeno si segnala per intuizioni e idee talvolta originali e controverse, tra cui la celeberrima facoltà dominante. Il suo atteggia- mento può essere condensa- to in una frase divenuta famosa, che scandalizza i benpensanti del tempo: il vizio e la virtù sono dei pro- dotti come lo zucchero e il vetriolo. Nei due illuminanti saggi che dedica a Stendhal e Balzac, (tradotti per la pri- ma volta in lingua italiana), tratti dagli Essais de criti- que et d’histoire e dai Nou- veaux Essais de critique et d’histoire, viene chiaramen- te esplicitato il modello metodologico seguito da Taine: gli stessi caratteri naturali possono essere ordinati gerarchicamente; alcuni sono più “notevoli” e più “dominanti” di altri. Le opere vanno valutate secon- do i loro “caratteri principa- li”. Con un tono più vivace e leggero rispetto alla rigida sistematicità degli scritti precedenti, Taine si diletta nel delineare i ritratti di Stendhal e di Balzac. I due romanzieri francesi illustrano l’interno e l’esterno degli uomini, toc- candone le forze elementari e gli strati più profondi, in un giuoco linguistico e nar- rativo che oltrepassa i limiti ordinari del tempo e dello spazio. Newsletter n. 50 E d itrice C lin a m e n Settembre 2008 www.clinamen.it Ludwig Feuerbach Abelardo ed Eloisa Ovvero lo scrittore e l’uomo a cura di Fabio Bazzani traduzione di Eva Holzheid «Philosophia», 10 pp. 162; € 16,90 Novità 2008 Hippolyte Taine Scritti di critica e storia Stendhal e Balzac traduzione e cura di Marco Nuti «Biblioteca Clinamen», 12 pp. 96; € 14,90 CLASSICI

Page 2 SETTEMBRE 2008 La teologia è soprattutto ipocrisia morale e aporeticità teoretica, incarnate nelle falsità, nelle con- traddizioni, nei costumi di teolo- gi, preti e fedeli. Le Xenie danno in pieno il senso, anche attraverso un linguaggio estremamente po- polare e talvolta triviale, della violenta, dissacrante e corrosiva carica antiaccademica, antiborghese, antii- stituzionale, propria del pensiero di Feuer- bach. Possiamo indicare alcuni percorsi di lettu- ra del testo: 1. la congiunzione tra la teolo- gia ed il cibo, oppure tra i teologi e le loro funzioni gastrico-intestinali e corporali in genere; 2. la congiunzione tra teologia e sessualità, oppure tra i teologi, i loro appe- titi e le loro difficoltà sessuali; 3. il con- fronto tra la teologia, la scienza e la filoso- fia della natura. «Io sono soltanto un chirurgo e di fronte al chirurgo anche la dama met- te a nudo quel che altrimenti nascon- de», tutti gli ineste- tismi e le magagne del suo corpo. Io sono il chirurgo della teologia, scrive Feuerbach, di quella «teologia volgare» contro la quale, in quest’opera del 1830, si concentra una satira dura, pungente, spre- giudicata e irrispettosa. «Anche l’ultimo straccio è caduto, resta la vera nudità, spogliata da tutto ciò che le è estraneo. Lo straccione ha tolto via da sé la straccioneria stessa e con ciò ha cessato di essere ciò che era, uno straccione. Io sono stato uno straccione, ma non lo sono più!». Il volume raccoglie quel che di più esplosivo c’è nella critica politica, sociale e religiosa di Stirner. Leggendo queste polemiche pagine sul liberalismo, sul comunismo, sullo stato e su Dio ci si può scottare a quel fuoco che “appiccato prima del 1848” oggi avvampa, quasi specchio profetico di quanto segna le vicende in cui, nostro malgrado, ci tro- viamo coinvolti, “ostaggi” di un potere globale che del plebiscitario consenso in- torno a presunti “valori condivisi” fa di- spositivo di “democratico governo”. Stirner ci insegna a non fidarci, ad eserci- tare una critica spietata e radicale, a far conto soltanto sulla nostra intelligenza e sulle nostre capacità senza delegare ad alcuno diritti di rappresentanza. Sommario 1. Un Dio spettrale 2. La spettrale forma dello stato 3. Le ipocrisie e gli inganni del presente 4. L’inganno e la miseria dell’avvenire

Sentiamo dire, di solito, che senza religione la “grande massa” non ce la potrebbe fare; i comunisti estendono questa affermazione al principio che non solo la “grande massa” bensì tutti, senza eccezione, sono chiamati a tutto. Non basta che la grande massa venga ammaestrata alla religione, ora deve essere istruita ad occuparsi addirittura di “tutto ciò che è umano”. L’addestramento diviene sem- pre più generale e avvolgente. Ma povere creature, che potreste vivere tanto felici se poteste saltare a vostro modo! Invece dovete danzare al fischio di maestri di scuola e do- matori d’orsi, per dei pezzi di bravura di cui proprio non sapete che fare! E non recalcitra- te mai, neppure una volta, sebbene vi si con- sideri diversamente da come voi vorreste. No, voi meccanicamente ripetete a voi stessi la domanda che vi hanno insegnato a ripete- re: “A cosa sono chiamato? Qual è il mio dovere?”. Così, è sufficiente che vi doman- diate questo per farvi dire e comandare qua- le sia il vostro dovere, per farvi prescrivere la vostra vocazione, oppure, anche, ve la co- manderete e imporrete da soli, secondo le prescrizioni dello spirito. Ciò significa, sotto il riguardo della volontà: io voglio ciò che devo. Story descrive il fascino delle “ombre e- trusche” e delle vedute ampie, vertiginose, e racconta, con animo romantico, la storia del luogo e dei suoi abitanti, dal fondatore dell’Abbazia, San Giovanni Gualberto, attraverso le vicende dei frati benedettini, sino alle misure, giudicate antipopolari e liberticide, del governo dell’epoca. Così conclude Story il suo resoconto: «Qualsiasi cambiamento sia avvenuto quassù a Vallombrosa, la natura è rimasta intatta». Pubblicato nell’aprile del 1881, nella «Blackwood’s Magazine» di Edimburgo, questo resoconto del soggiorno a Vallom- brosa di W. W. Story viene adesso propo- sto per la prima volta in traduzione italia- na, affiancata, per un riscontro con la vi- vacità e la bellezza della versione origina- le, dal testo in lingua inglese. Story ci offre in queste pagine la freschez- za delle sue impressioni di straniero inna- morato dell’Italia e in particolare di quello sperone di Appennino su cui poggia lo stesso convento che anche Milton aveva visitato e che era rimasto nel suo cuore. Pagina 2


vocabile apertura ad una nuova visione del mondo e della vita dell’uomo. Vi è un tema unico che attraversa la produzione poetica di Schopenhauer, la quale riflette specularmente la ben più importante e vasta produzione filosofica: il tema della lotta, del conflitto, della guerra fra gli uo- mini. E vi sono gli altri temi tipici: il dolo- re nel mondo, l’evanescenza dell’esistenza ma anche l’immortalità del nucleo vitale più profondo, il contrasto tra il superiore sapere del filosofo e dell’artista e la dozzi- nale banalità della conoscenza propria alla stragrande maggioranza degli uomini. Di gusto romantico, fortemente influen- zati dalla poetica di Goethe, i versi di Schopenhauer oscillano tra il puro eser- cizio di stile e l’intenzione filosofica. Ed è su questo secondo versante che si mo- strano più interessanti, intrecciando im- plicite notazioni autobiografiche e preci- se sollecitazioni teoretiche. Del resto, come scrive lo stesso Schopenhauer nella breve premessa, un po’ forse celiando ma in maniera sostanzialmente sincera, «non hanno alcuna pretesa di valore poetico» bensì intendono svolgere la funzione di propedeutica ad una filosofia che, a più riprese, viene ribadita quale momento di radicale rottura con la tradizione e di irre- Molti dei testi che compaiono in questo volume sono editi in Italia per la prima volta. L’argomento è uno solo, la musica: vi si parla di musica non solo come di un oggetto, pur se importante, della riflessio- ne filosofica, ma anche di musica come re- altà vissuta, come interiore esperienza e- mozionale, come godimento estetico. Si tratta di testi scelti tra gli scritti scho- penhaueriani non destinati al pubblico, os- sia di testi che fanno parte degli appunti manoscritti e del carteggio. Testi, ovvia- mente, non ordinati nella loro stesura ori- ginale, non sistematizzati. Ma tanto il di- sordine e la non sistematicità che sono propri dell’annotazione, dell’appunto per- sonale, dell’aforisma bruciante, del giudi- zio generoso o impietoso sui filosofi ed i musicisti del tempo, quanto la dimensione confidenziale dello scambio epistolare for- mano il sostrato nonché la chiarificazione della dottrina filosofica definitiva, espres- sa sistematicamente nel Mondo come vo- lontà e rappresentazione. Nel volume ven- gono anche presentati, in appendice, alcu- ni scritti di Richard Wagner che sempre ri- conobbe in Schopenhauer un indiscusso maestro ma dal quale fu ricambiato con un ostinato silenzio e con un atteggiamento di assoluta sufficienza sommario Sezione Prima. Il lascito manoscritto LA MUSICA COME DOTTRINA FISICA E METAFISICA I. Manoscritti giovanili (1804-1818) II. Manoscritti berlinesi (1818-1830) • Reisebuch [Diario di viaggio] • Foliant I [Libro in folio I] • Brieftasche [Taccuino] • Quartant [Libro in quarto] • Foliant II [Libro in folio II] • Adversaria • Eristische Dialektik [Dialettica eristica] III. Gli ultimi manoscritti (1830-1860) • 1. I manoscritti dall’anno 1830 fino al ’52 • Cogitata I • Cholerabuch [Libro del colera] • Cogitata II • Pandectae II • Spicilegia • 2. I manoscritti dal 1853 sino alla morte • Senilia (1853) IV. La musica nella biblioteca di Schopen- hauer Sezione Seconda. Il carteggio LA MUSICA COME REALTÀ VISSUTA I. 1799-1849 II. 1849-1860 Appendice Richard Wagner LETTERE E DIARIO: • L’ESPERIENZA SCHOPENHAUERIANA • L’AMORE SESSUALE COME VIA DI SALVEZZA Frankenstein che da due secoli sollecita la nostra immaginazione. Estate 1844: esco- no i Rambles. Pressoché introvabili nella stessa Inghilterra e tradotti adesso per la prima volta in Italia, i Rambles in Ger- many and Italy rientrano nella tradizione della letteratura di viaggio al femminile. Per Mary Shelley, come per tutte le donne che visitarono l’Italia nell’Ottocento, il nostro Paese divenne terra d’elezione il cui bisogno di indipendenza esse si senti- vano chiamate a sostenere. Domenica, 12 giugno 1842: una signora di mezz’età, la cameriera, il figlio e un com- pagno di studi si imbarcano a Londra sul Wilberforce diretti ad Anversa. Partono per una vacanza che durerà tredici mesi e che li porterà in giro per l’Europa, ultima tappa Sorrento. La signora non è nuova a lunghi viaggi. La prima volta che lasciò l’Inghilterra aveva sedici anni, era incinta, ed era in fuga d’amore con un uomo spo- sato, Percy Bysshe Shelley. Due anni do- po, tra le foreste del Giura e sulle sponde del lago di Ginevra, darà alla luce quel Pagina 3 I Versi di Schopenhauer L’arte della musica


dell’esperienza filosofica di Aristotele, dove appaiono già chiaramente delineate alcune delle dottrine fondamentali del suo sistema di pensiero. La presente versione viene condotta sulla classica edizione di David Ross, invece che su quella di Düring, come invece ha fatto Enrico Berti, nella sua recente ripro- posizione dell’opera. L’edizione Ross, infatti, nonostante alcuni limiti congeniti, da tempo evidenziati dalla critica, è in grado di assicurare, nel suo equilibrato rigore filologico, la possibilità di individuare le linee caratterizzanti il Protreptico, desumendone, quindi, i fon- damentali contenuti dottrinari; e ciò, assai meglio di quanto sia in grado di fare la pur pregevole edizione Düring Ammirato nell’antichità tanto per lo stile che per il vigore dialettico delle argomentazioni, esercizio di retorica e insieme discorso esortativo a carattere pedagogico, il breve saggio aristotelico appare sotto la forma di un appassiona- to appello alla conoscenza intesa come ricerca scientifica non meno che come supremo valore etico. Andato perduto nel periodo tardo-imperiale romano, il trattato è stato ricostruito nelle sue linee generali dalla moderna ricerca filologica. È tornata così alla luce un’opera ricca di suggestioni e spunti originali che, nel costante e serra- to confronto con il pensiero di Platone, sa svelare una forma sicuramente matura Tradotto per la prima volta in Italia, e pre- sentato insieme al testo originale in lingua spagnola, Lo studente di Salamanca si in- serisce a pieno titolo tra i capolavori della letteratura romantica europea. Convergen- za esemplare di suggestioni letterarie e di vasta, potentissima creazione, il poema si svolge lungo il filo mutevole e pericoloso delle passioni, per affondare, con inesora- bile gradualità, nel vortice fascinoso dei temi assoluti: la tensione ai misteri primi, la sfida alle forze universali, l’indagine di ciò che è trascendente. La scena si apre in un ambiente che rimanda alle atmosfere tetre e seducenti dell’universo ossianico; poi si allarga nella presentazione dell’incantevole Elvira, angelo puro d’amore risucchiato e spento dalle spire di don Félix de Montemar: il dongiovanni li- bertino che rimane tra i personaggi più in- teressanti del panorama letterario del Ro- manticismo. E proprio Montemar – figura abilmente in- trisa di simbologie – intraprenderà presto un itinerario evolutivo-simbolico che alla fine lo condurrà alla provocazione titanica, alla sfida verso ogni forma di ordine cono- sciuto, alla ribellione contro l’autorità su- prema di Dio. Prototipo dell’Anticristo, senza mai ab- bandonare i panni del seduttore, don Félix oserà portare l’attacco ai dogmi dell’ultraterreno; si avventurerà lungo il percorso impervio della rivolta universale, della protesta esistenziale, della proclama- zione orgogliosa e dissacratoria della pro- pria individualità. Sfiderà Dio, cercherà di acquistarne i misteri, corteggerà inconsa- pevolmente la Morte e, infine, si unirà a Lei nell’ultimo e più potente dei contrap- passi: in un abbraccio macabro scandito dal battere ritmico e sapiente di versi che, raccontando il progressivo estinguersi del- le forze, si faranno sempre più brevi. ni del necessitarismo universale di Spino- za, ma di essersi sottratto a questa tenden- za fatalista grazie a una «rivelazione im- provvisa». La soluzione che, a suo parere, consente di ammettere la libertà dell’uomo e la contingenza dei suoi comportamenti, proviene da suggestioni legate all’invenzione del calcolo infinitesimale. Tale soluzione è esposta in questi opuscoli con una chiarezza che non si ritrova in alcun altro testo leibniziano. Gli scritti di Leibniz, tradotti e commentati da Andrea Sani con assoluto rigore filologico, sono Il volume propone la traduzione di quattro brevi scritti integrali di Leibniz, origina- riamente in latino, che risalgono al perio- do 1685-1689, due dei quali finora inediti in lingua italiana. I quattro scritti affronta- no la questione – centrale nella filosofia di Leibniz e oggetto ancora oggi di un vivo dibattito tra gli studiosi di questo pensato- re – della libertà e della contingenza, ap- parentemente inconciliabili con le premes- se del sistema leibniziano. In uno di questi saggi, lo stesso Leibniz confessa di essersi avvicinato con la sua dottrina alle posizio- preceduti da un’ampia introduzione del curatore, che illustra la teoria leibniziana dei concetti modali e delle verità contin- genti alla luce delle più aggiornate inter- pretazioni sull’argomento Pagina 4


rispetto alla singolarità della sua vita,