Etica/Libro Secondo/I

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I. - Le definizioni

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Baruch Spinoza - Etica (1677)
Traduzione dal latino di Piero Martinetti (1928)
I. - Le definizioni
Libro Secondo Libro Secondo - II
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I. — Le definizioni.


Anche il libro 2° comincia con un certo numero di definizioni e di assiomi diretti a preparare la concezione parallelistica e la teoria della conoscenza che sono l’argomento di questo libro.

Def. 1. Io intendo per corpo un modo che esprime in una certa e determinata maniera l’essenza di Dio, in quanto è considerata come estensione.

La prima definizione ha per oggetto di definire il corpo: è un modo dell’attributo divino dell’estensione.

Def. 2. Dico che appartiene all’essenza d’una cosa ciò che, quando è dato, porta con sè l’esistenza della cosa, quando non è dato, la esclude; ossia ciò senza di cui la cosa non può nè essere nè venir concepita e che viceversa, senza la cosa, non può nè essere nè venir concepita.

Definisce l’essenza: è il modo eterno che costituisce in Dio la cosa stessa. «L’essere dell’essenza non è altro che quel modo per cui le cose create sono comprese negli attributi divini» (Cog. met., I, 2).

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Def. 3. Intendo per idea un concetto della mente che questa forma in quanto è cosa pensante.

Definisce l’idea: che è un modo dell’attributo divino del pensiero. Il mondo dei corpi e il mondo delle idee costituiscono due serie parallele procedenti dai due attributi, l’estensione e il pensiero: quindi anche il mondo delle idee è un mondo di veri enti, i quali rappresentano il mondo corporeo corrispondente, ma non si esauriscono in questa funzione rappresentativa, non sono semplici copie passive; sono enti aventi il loro ordine, le loro leggi, il loro valore anche indipendentemente dalla funzione rappresentativa.

Def. 4. Per idea adequata intendo un’idea che, in quanto è considerata in sè, senza relazione all’oggetto, ha tutte le proprietà o denominazioni intrinseche dell’idea vera.

Si cfr. Et., I, ass. 6. L’idea adequata è l’idea vera, che riproduce fedelmente l’ideato, il momento reale (esteso) correlativo: ma la perfezione sua non dipende da questa sua fedeltà rappresentativa: dipende da ciò che essa, come ente, è veramente in noi come è in Dio, nella concatenazione delle idee divine.

Def. 5. La durata è una continuazione indefinita dell’esi­stenza.

L’essenza dei modi derivati ne pone l’esistenza in Dio, ma non nel tempo. L’esistenza delle cose nel tempo è determinata dalla concatenazione naturale delle cause empiriche, la quale non è (come si è veduto) che una imperfetta apprensione umana della concatenazione divina. Quest’esistenza per il senso, necessariamente limitata e mutevole, costituisce con la sua quantità il tempo.

Def. 6. Per realtà e perfezione intendo la stessa cosa.

L’assoluta realtà è anche l’assoluta perfezione: le cose finite in tanto partecipano della perfezione in [p. 43 modifica]quanto si avvicinano a quell’assoluta realtà che hanno in Dio.

Def. 7. Per cose singolari intendo le cose che sono finite ed hanno un’esistenza determinata. Che se più individui concorrono in un’azione in modo da essere tutti insieme causa d’un effetto, sotto questo punto di vista li considero tutti come costituenti un’unica cosa singolare.

Per «cosa singolare» Spinoza intende il modo finito. Più modi possono concorrere in un’attività comune ed allora si possono considerare come un solo modo, come una cosa.