In autunno si sa che pazzo è il tempo,
ora piove, ora è bello, or splende il sole,
or distende la bella Iride il lembo
del suo vestito, avviso a chi viaggia
di portarsi per strada un buon mantello.
Balzana nominarono gli antichi
una stagion siffatta, in cui mai troppe
le previdenze son del pellegrino.
Un di questi era uscito un giorno appunto
ben riparato contro ogni incostanza
della stagione, in un doppio tabarro
di buona stoffa, allor che disse il Vento
al Sole: - Ecco, costui, per quel ch’io veggo,
ha provvisto assai ben contro gli eventi,
ma non pensò ch’io so gonfiar le guance
e con tanto soffiar impeto e forza,
che strappo anche i bottoni; o vuoi ch’io provi
a togliergli di dosso e con un colpo
al diavolo mandar quel suo tabarro?
Vuoi vedere? così potremo un poco
al bel volo godercela fra noi -.
Senza tante parole a lui rispose
il Sole: - Anzi fra noi facciam scommessa
a chi prima saprà scoprir le spalle
del galantuomo. A te, comincia primo,
ch’io mi lascio soffiar anche sul viso -.
Bastò il dirlo che il vento in un momento
tien la scommessa e s’empie e si rigonfia,
come un pallon, di nebbie e di vapori,
e soffia e fischia e zufola e tempesta,
innanzi polveroso va superbo,
e comignoli schianta e manda a picco
più d’una nave in mar per il capriccio
d’un ferraiol, ahimè!
Presto sul corpo
il suo mantel si strinse il viandante,
sì che il vento non entri. Invan s’insinua
questo dentro le pieghe e sotto il bavero,
ché l’uom prudente ancor più stretto attagliasi
il panno al dosso, e fu tempo perduto.
Trascorso il tempo suo, cedette il Vento
il gioco al Sol, che dissipa in un tratto
le nebbie e mostra il suo faccion lucente,
e tanto scalda al galantuom la schiena,
che sudato alla fin questi si tolse
il palandrano. Fu potente il Sole,
facendo men di ciò ch’ei puote; indizio
che la dolcezza vince ogni furore.