Il buon cuore - Anno X, n. 01 - 1º gennaio 1911/Religione

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Educazione ed Istruzione Beneficenza

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Vangelo della domenica dopo la Natività


Testo del Vangelo.

Gesù, per impulso dello Spirito, ritornò nella Galilea, e si sparse per tutto il paese la fama di Lui. E insegnava in quelle Sinagoghe, ed era da tutti acclamato. E andò a Nazaret dove era stato allevato, ed entrò secondo la sua usanza nella Sinagoga e si alzò per fare la lettura. E gli fu dato il libro del profeta Isaia. E spiegato che ebbe il libro, trovò quel passo dove era scritto: Lo spirito del Signore sopra di me; per la qual cosa m’ha unto per evangelizzare ai poveri; mi ha mandato a curare coloro che hanno il cuore contrito, ad annunziare agli schiavi la liberazione, e ai ciechi la ricuperazione della vista, a rimettere in libertà gli oppressi, a predicare l’anno accettevole del Signore e il giorno della retribuzione. E ripiegato il libro, lo rese al ministro e si pose a sedere. Ed erano fissi in Lui gli occhi di tutti nella Sinagoga. E principiò a dir [p. 6 modifica]loro: Oggi colle vostre orecchie di questa Scrittura avete udito l’adempimento. E tutti lo approvarono e ammiravano le parole di grazia che uscirono dalla sua bocca.

S. LUCA, Cap. 4.


Pensieri.

Gesù torna in Galilea per impulso dello Spirito: il suo ritorno non è arbitrario, entra nel disegno della Provvidenza: Gesù torna in Galilea per rispondere alla voce di Dio e così seguire quel piano divino.

Così, per impulso dello Spirito, portati da esso, i santi han sempre operato, operano.

Così, per impulso dello Spirito, non per altro dovremmo operare anche noi. Volgiamo a ciò la nostra meditazione, indaghiamo da quali impulsi, ordinariamente, siamo noi spinti all’azione. Dallo spirito di Dio o da quello del mondo? Dal desiderio di seguire la voce del bene o da quello di secondare gli scatti delle nostre passioni?

Oh, noi dobbiamo arrossire, noi dobbiamo confessare che non lo spirito di Dio ci muove, ma il nostro proprio, tutto affascinato e accecato dalle cose della terra. Se non sempre, spesso è così; questi sono i nostri peccati.

Invece ogni cristiano dovrebbe esser vigile per intender la voce dello spirito: dovrebbe farsi una pia abitudine di interrogarlo prima di decidersi ad operare, specialmente quando si tratti di cose gravi, di deliberazioni solenni. E allora guardiamo bene di non confondere con la voce di Dio quella del nostro proprio io: è difficile ricalcitrare contro il pungolo, ammonisce Paolo, ma è meno difficile mettere al suo posto motivi meno nobili, meno elevati, meno puri, illudendoci di seguire una chiamata divina. Dobbiamo fare silenzio noi e lasciare parlare il Signore e quand’Egli parla noi lo dobbiamo ascoltare.

«Ho sentito che questo era il mio dovere e mi son decisa così» diceva un’anima santa, accettando un compito di sofferenza e di costrinzione.... E lo diceva con calma solenne, con pace, nel dolore, radiosa...

Tali sicurezze interiori non posson venire che dall’adesione a un volere divino.

Gesù opera: all’impulso dello spirito risponde con la sua vita pratica.

Va anche a Nazaret, nella Sinagoga, e là parla liberamente della sua missione con quella grande fermezza che o avvince o dà scandalo: per ora tutti sono meravigliati di Lui, ma, presto, l’ammirazione cederà il posto alla maledizione....

La schiettezza di Gesù si ritrova in tutte le anime grandi che continuano il suo apostolato: essi sentono l’azione di Dio in loro a pro dei fratelli e dicono semplicemente, umilmente quello che trovano in se stesse.... quelli che lo spirito illumina ne restano edificati; gli altri, gli altri preferiscono le ipocrite modestie, il falso pudore che tenta nascondere una creduta propria virtù.

L’umiltà vera non sa queste circospezioni, essa è compagna della semplicità, di una quasi mirabile ingenuità che, a volte, trasfigura un uomo....

Se non sarete com e fanciulli non entrerete nel regno de’ Cieli!

Questo spirito d’infanzia così cago a Gesù (che non è spirito puerile) non si ritrova nelle piccole virtù e nei piccoli uomini, ma solo negli eroi della virtù, della carità, nei grandi di mente e di cuore!

Dalla efficacia potente della sua parola gli ascoltatori di Gesù son tratti a indagare l’essere suo.

«Non è costui il figlio di Giuseppe?» si chiedono essi, meravigliando,

Gesù passava senza distinguersi per nulla dai suoi contemporanei, faceva tutto quel che essi facevano, parlava, vestiva, mangiava come essi; nessun segno esteriore da essi lo distingueva.

Ma la sua grande, unica unione con Dio lo trasfigura, la sua santità incomparabile s’impone a tutti, e tutti, pur conoscendo la famiglia di Gesù, pur ritenendolo fratello loro, loro conterraneo, son portati, sentendolo così superiore ad essi, a non crederlo più simile a loro, a indagare quale mistero di grandezza originaria si celi in Lui....

Come mi piace la semplice meraviglia espressa dalla frase evangelica: a Non è costui il figlio di Giuseppe? È il principio di quell’indagine amorosa e riverente, che, di secolo in secolo, ha stretto l’umanità intorno a Cristo, intorno al Salvatore. Dio è in Lui, e solo in Lui l’uomo trova riposo e rifugio.

Ma Gesù non è solo il nostro Salvatore, il nostro Maestro: egli è anche il nostro modello. Ogni cristiano dovrebbe, nella sua piccola cerchia, rinnovare in certo qual modo i prodigi di Gesù, continuare la sua rivelazione, portare il suo spirito nel mondo: spirito di carità, di verità, di pietà.

Non sono uomini come noi i cristiani? dovrebbero potersi chiedere i mondani.... oh, forse, se lo spirito del mondo non avesse tanto preso in noi il posto di quello di Cristo, se noi fossimo meno indegni della nostra vocazione, se la nostra vita corrispondesse ad essa, forse, allora, noi saremmo davvero, come Gesù desiderava, la luce del mondo e il sole della terra.