La leggenda di Tristano/CCXL

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CCXL. — In tale guisa, come io v’ho contato, si compiangevano quelli di Cornovaglia dela morte di T. Elli non ve n’ha nullo che sia dolente e curruccioso di grande maniera; solamente Andret. Tanto solament’a colui non ne pesa, e ciò sanno bene tutti quelli di Cornovaglia e tutti gli vogliono male di morte e diceno: «Anco li fie venduta cara la morte di T., e non puote essere altrementi. Lo re Artú non è mica morto né quelli dela Tavola ritonda, che amavano T. sí come fusse loro frate». Se la novella fusse per Cornovaglia che lo re Marco fusse morto, lo pianto né lo duolo non serebbe sí grande. Tutti quelli che odíano la novella che T. era morto, tutti corrieno allo castello di Dinas, ove lo corpo di messer T. era; ed elli seppero la novella che la reina era morta con lui insieme. Elli disseno che ciò era la maggiore meraviglia ch’elli unqua vedesseno mai, che avenisse in quella maniera. Quando l’uno e l’altro è morto, bene hanno mostrato apertamente che l’amore ch’elli si portavano non era mica inganno. Tanto quanto lo seculo durerá, ne sera parlato di questa morte e di loro amore. E dicieno li matti e li savi: «Ciò fue amore [che passa tutti amori] quello di T. di Leonis e quello della reina Y. di Cornovaglia».

Quando li baroni fuoro raunati lá ove lo corpo di T. era, a lato del corpo dela reina Y., lo re Marco che tanto è dolente che per poco che non muore di duolo, fece prendere amendue li corpi e portare infino a Tintoli; e disse ch’elli voleva che amendue fussero insieme, perciò che tanto s’amavano insieme in loro vita, che l’uno non poteva senza l’altro stare, né notte né giorno né nulla ora del mondo. S’elli non fusseno colli corpi insieme, sí ierano colli cuori e cola volontade. E perciò che elli s’amavano tanto in loro vita, com’io vi conto, li fece lo re Marco mettere insieme, altresí com’elli erano in vita.