La leggenda di Tristano/CLXIII

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CLXIII. — Ma se alcuno mi domanderae come avea nome lo cavaliere, io sí diroe ch’egli sí avea nome Prezzivalle lo Gallese. E quando T. vide partire lo cavaliere, fue molto [p. 214 modifica] doloroso oltra misura. E istando per uno poco, disse T. al’Amorat: «Certo, Amorat, io credo che lo mio cavallo abbia a patto di cadere molto ispesse fiate; laond’io non soe per quale cagione mi sia addivenuto oggimai per due fiate. Ma per mia fé, se non fosse che a me tornerebe a villania, io l’ucciderei e incontanente». E quando l’Amorat intese queste parole, fue molto doloroso e disse: «T. per mia fé, voi non vi dovete dolere cosí fortemente, imperciò ch’egli sí è usanza ch’e’ cavagli si caggiono, e quando lo cavallo cade, non è giamai colpa delo cavaliere. Onde io voglio che voi sappiate che tutto giorno addiviene che l’uomo si è abbattutto da suo piggiore, e imperciò io so bene che monsignor Lancialotto fue abbattutto in questo diserto giá sono XV giorni passati da tale cavaliere che non vale neente quanto lui; e questo sí adivenne per difalta del suo cavallo, che gli fallío sotto, sí come ora hae fatto voi lo vostro cavallo. E imperciò voi non vi dovete tanto dolere, sí come voi fate». E quando T. intese queste parole, fue molto allegro e disse al’Amorat: «Certo, Amorat, voi dite veritá di tutto ciò che voi dite. Ma tutta fiata io sí giuro sopra le Sante ched io giamai non mi partiroe di questo diserto, dinfino a tanto ched io non combatteroe con quello cavaliere, lo quale caccia la bestia gratisciante».

E istando in cotale maniera, e l’Amorat sí montò a cavallo, e quando fue a cavallo ed egli sí incominciò a cavalcare inverso lo cavaliere, e cavalcava molto fortemente. Ma tanto cavalcarono in cotale maniera, ched eglino sí pervennero a due vie e quando fuorono ale due vie, e T. sí disse: «Amoratto, ora siamo noi a due vie, sí come voi vedete, e perciò voi sí prendete l’una di queste due vie, la quale a voi piú piacerae, e tuttavia sí vi stea a mente che voi sí dobiate tornare a me ed alo terzo giorno, ala fontana lá dove noi trovatilo la bestia grattisciante. E lae sísí v’astetteroe e sanza nessuno fallo. Anche si vi priego caramente, che, se voi trovaste monsignore Lancialotto, che voi sí lo dobiate molto salutare dala mia parte, e potragli dire ched io sí abo maggiore volontade di vedere lui, ch’io non hoe di neuna cosa del mondo». [p. 215 modifica] E quando l’Amoratto intese queste parole, fue molto allegro e disse: «Per mia fé, T., io sí verò a voi molto volontieri, sed io unque poroe, e se aventura no mi disturba. E sed io troveroe monsegnor Lancialotto, io gli diroe molto volontieri tutta vostra ambasciata». E a tanto s’acomandano a Dio, e T. sí prese suo camino e incominciò a cavalcare per lo diserto molto tostamente. Ma [a] tanto lascio ora lo conto di parlare di monsignor T., e torno al’Amorat, imperciò che bene lo saperemo trovare, quando luogo e tempo sarae.