La leggenda di Tristano/CLXIV

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CLXIV. — A tanto dice lo conto, che dappoi che T. sí fue partito, sí come detto èe, e l’Amorat sí incominciò a cavalcare molto fortemente, e andava molto parlando infra se istesso dela prodezza di T.; imperciò ch’egli non credea ched egli fosse di sí grande prodezza. E cavalcando in cotale maniera, ed egli sí si guardoe innanzi ed egli sí vide uno cavaliere armato di tutte arme, lo quale cavalcava molto fortemente. E quando lo cavaliere vide l’Amorat, incontanente sí fece vista di volere combattere. E quando l’Amoratto vide che lo cavaliere l’appellava ala battaglia, ed allora incontanente sí s’andarono a fedire cole lancie abbassate e alo fedire degli sproni, e l’Amoratto sí fedío alo cavaliere sopra lo scudo e diedegli sí grande colpo che tutta la lancia si ruppe in pezzi, ned altro male no gli fece. E lo cavaliere fedío al’Amoratto, ché bene lo conoscea, e diedegli sí grande colpo che gli passoe lo scudo e l’asbergo e misegli lo ferro dela lancia nele coste sinestre, molto in profondo, e miselo in terra del cavallo. E quand’egli ebe fatto questo colpo, ed egli sí si partio e incominciò a cavalcare molto tostamente e andò a sua via. E quando l’Amoratto fue abbattuto, sí come detto è, ed egli sí si rilevoe suso, al piú tosto ch’egli unque potte e sí come cavaliere ch’iera di molto grande forza e di grande alena, e guardoe per vedere lo cavaliere che avea abattutto, ed egli no lo potte vedere di neente. E quando egli no lo potte vedere, fue molto doloroso a dismisura, imperciò ch’egli l’avrebbe molto volontieri conosciuto. E istando per uno poco, ed egli si [p. 216 modifica] incominciò a fare molto grande lamento, e dicea: «Ai doloroso io, quanta disaventura m’è ora addivenuta, quando io trovai imprimieramente T.! Imperciò ch’io veggio che tutti li cavalieri ch’io abo trovati, tutti m’abatterono. E certo questo non è da maravigliare, quando io incominciai mia battaglia con lo migliore cavaliere che sia al mondo». Molto menava grande dolore l’Amorat di questa aventura.