La leggenda di Tristano/CXLIII

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CXLIII.—A tanto dice lo conto, che tanto dimoroe T. nella Pittitta Brettagna ch’iera giá passato per uno grande tempo. E quando venne una mattina, e T. e Ghedin sí montarono a cavallo e incominciarono a cavalcare lungo la riva del mare, e andavano parlando insieme di molte aventure. E tanto cavalcarono in cotale maniera ched eglino sí si dilungarono molto dala cittade. E cavalcando tutta fiata, e T. sí si n’andò innanzi ed ebe veduta venire una damigella, la quale sí avea iiij iscudieri in sua compagnia. Ma quando T. vide la damigella, disse a Ghedin: «Ghedin, per mia fé, io veggio una damigella, la quale rassembla molta alta messaggera, e imperciò voglio che noi sí andiamo a vedere lei e domanderemola di novelle e di quali paesi ella viene». E a tanto cavalcarono inverso la damigella, e tanto cavalcarono in cotale maniera che fuorono presso alla damigella. Ma quando la damigella vide T., fue tanta allegra che neun’altra persona piú di lei. E a tanto sí cavalcoe inverso loro e quand’ella fue presso a T. ed ella sí gli salutoe cortesemente, ed eglino sí [p. 188 modifica] le renderono loro saluto. Ed appresso la damigella si parloe a T. e si gli disse: «T., conoscetemi voi?». E T. intendendo queste parole, incominciossi molto a maravigliare, vedendo che la damigella lo cognoscea; ed egli non potea conoscere lei, perchè egli no la potea vedere in viso. Ed appresso sí disse: «Per mia fé, damigella, io non vi conosco, sed io non vi vedesse meglio per lo viso». E quando la damigella vide che T. nola conoscea, ed ella incontanente sí si levoe dal viso uno drappo di seta molto bello. E quando T. la vide per lo viso, e videla e cognobela chell’iera Braguina, quella damigella la quale egli amava di cosí grande amore, incontanente sí corse a lei cole braccia aperte, e incominciolla ad abracciare ed a fare molto grande allegrezza di lei, ed appresso sí la domandoe come istava madonna Isotta la bionda. Ond’ella sí rispuose e disse: «Certo, T., madonna Isotta si stae molto malvagiamente, ché dalo tempo in quae che voi vi partiste di Cornovaglia, giamai madonna Isotta non finoe di piangere per voi, né giamai ella non uscío di fuori dala torre lá dov’ella fue messa. Onde sapiate ched ella sí vi manda per me mille salute e mandavi a dire che voi, veduto questo brieve, voi sí debiate incontanente tornare in Cornovaglia. E se voi non tornerete a lei, per lo certo l’abiate ch’ella sí morrá incontanente per lo vostro amore». E a tanto Braguina si diede lo brieve a T. E quando T. ebe lo brieve, ed egli sí incominciò a risguardare lo suggello, ed allora incontanente sí lo cognobe, sí come quello iera lo suggello di madonna Isotta. E istando per uno poco, e T. briscioe lo suggello e aperse lo brieve, lo quale brieve dicea cosie:

«Amis amis T., amato di tutto buono cuore e di leale amore, sopra tutti gli altri amanti, io Isotta, costretta a molte pene e dolori, a voi mando salute tante quante si potessero dire overo iscrivere o mandare. Sappie, amico, che dappoi che voi vi partiste da mee, sí come voi sapete, i’ hoe sostenuto molto dolore; ma ricordandomi sí come voi m’avete abandonata, io vorrei morire bene cento fiate lo giorno. Imperciò ched io non credea in nessuna maniera che voi mi [p. 189 modifica] poteste abandonare per neuna dama o damigella, che fosse al mondo overo ch’essere potesse, tanto mi fidava di voi. Ma ora veggio che a me è tutto fallito lo pensiere, quando io veggio e so certamente che voi avete per vostra dama Isotta dele bianci mani e so bene che voi avete co lei molto grande sollazzo e diporto, a tutto vostro volere. E io lassa e dolorosa non fino di piangere e di fare grande dolore, ricordandom’io di voi. Onde sappie, amico, ched io non vi posso mandare a dire la centesima parte dele mie pene e de’ miei dolori, imperciò che a me sí falla lo cuore di pensare e la lingua di dire e gli occhi sí mi fallano per vedere e le mani sí mi fallano per iscrivere. E tutto questo sí m’adiviene per lo grande dolore, lo quale io sento per voi. Onde sappie, amico, ched io sí feci questo brieve con incostro, lo quale io gitto giorno e notte per voi. E imperciò io sí vi mando Braguina, la quale vi dirae tutte le mie pene, perch’io a voi no le posso tutte significare per mie lettere. Imperciò ched io per piú fiate sí riscrissi questo brieve, per le molte lagrime le quali io abo gittate per voi. E imperciò, dolce mio amore, vi mando a dire che vi piaccia di venire a mee, e venite imprima ched io muoia per voi, sappiendo voi, amico, che se voi non venite a me ed incontanente, io m’ucciderò per voi». Queste parole dicea lo brieve.