La leggenda di Tristano/CXXXI

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CXXXI

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CXXXI. — A tanto dice lo conto che quando tutte le dame e le damigelle sí si fuorono tornate appresso ali loro mariti ali loro alberghi, e la notte fue venuta nera e scura. E quando la notte fue venuta e lo re andò a posare ala sua camera e [p. 172 modifica] T. e Ghedin si sin’andarono in camera a posare ala sua. E a tanto sí si n’andarono a letto e tutti gli altri cavalieri altressie, e dimorarono dinfino alo mattino.

E quando lo giorno fue venuto, e T. e Ghedin sí si levarono intrambodue, e quando fuorono levati ed eglino sí andarono e sí montarono a cavallo e incominciarono a cavalcare di fuori dala cittade, ed appresso sí cavalcarono lungo la riva del mare e andavano parlando di molte aventure. Ma tanto cavalconno in cotale maniera che T. sí incominciò a pensare molto duramente in che modo egli s’iera partito di Cornovaglia. Ed appresso sí gli ricordoe sí come fue T. preso con Madonna Isotta la bionda e fue messa nela torre; poi sí come fuorono presi e per XVIII cavalieri di Cornovaglia e sí come fuorono legati ambodue e menati davanti a lo ree. E anche sí si ricorda sí come e’ fuerono ambodue giudicati, e in che maniera fuorono menati lungo la marina, e delo grande dolore lo quale egli ebbe quando madonna Isotta si partio da lui e fue menata alo luogo deli malatti; e in che maniera sí diliverò e sí com’egli si gittò in mare e in che maniera riconquistoe madonna Isotta con Sagris e con Sagrimors e con Oddinello lo selvaggio; e in che maniera si dipartio da tutti e quatro li suoi compagnoni nelo diserto ed egli sí andoe ala magione dela savia damigella. E ancora ricordandosi deio giorno quand’egli fue fedito dalo damigello cola saetta, e in che maniera lo re Marco gli tolse madonna Isotta la blonda dala magione dela savia damigella, e anche ricordandosi deio grande dolore, lo quale egli sostenne quand’egli tornoe con Governale ala magione dela savia damigella e non trovoe madonna Isotta, e anche aricordandosi egli di tutte queste cose, ed egli sí incomincioe molto fortemente a piangere ed a fare ed a menare molto grande dolore. E istando per uno poco, ed egli sí gittò uno molto grande sospiro di profondo core e disse: «Ai lasso me, bella Isotta, come io moro per lo vostro amore!». E quand’egli ebe dette queste parole, ed egli sí cadde a terra del cavallo tramortito incontanente. [p. 173 modifica]


CXXXII. — Ma in questa parte dice lo conto, che quando Ghedin intese le parole le quali T. avea dette e vide lo grande pianto lo quale egli facea, Ghedin incominciossi molto a maravigliare. Ma pensando Ghedin sopra quello che T. avea detto, sí com’egli moria per Isotta, credette ched egli sí avesse detto queste parole per amore d’Isotta sua suora, perch’egli non sapea che fosse altra Isotta al mondo, se non lei. E quand’egli ebe pensate tutte queste cose, fue molto doloroso, imperciò ch’egli non vorrebe che T. avesse avuto per suo amore non solamente uno pensiero, anzi vorebe che imprima fosse morta. E istando in cotale maniera, e Ghedin ismontoe da cavallo e andò a T. e incominciò a prendello in braccio, e tanto lo menò in cotale maniera che T. sí fue tornato in sua materia. E istando per uno poco, e Ghedin sí disse: «Per mia fé, T., io mi foe troppo grande maraviglia di voi, quando voi siete dimorato in nostra corte per cosí grande tempo e avete amata per amore Isotta de le bianci mani, la quale sí è mia suora, né voi a me non n’avete detto neuna cosa. Onde a me sí pare che voi sí sofferiate per lo suo amore molto grande dolore. Ond’io sí voglio che sí vi piaccia che noi sí torniano ala cittade e sí anderemo alo mio palagio. E io sí vi dico cosie, ch’io sí vi faroe segnore d’Isotta mia suora, imperciò ch’io vorrei ch’ella fosse morta anzi cento fiate che voi n’aveste giamai un altro dolore, sí come voi n’aveste ora». E quando T. intese queste parole, fue molto allegro, e disse infra se istesso: «Certo io credo che s’io avrò Isotta dele bianci mani al mio volere, forse per aventura io sí dimenticheroe l’altra bella Isotta la bionda di Cornovaglia, la quale io amo sopra tutte le dame e le damigelle del mondo». E istando in cotali pensieri, disse T. a Ghedin: «Se voi d’Isotta mi fate segnore, io no vi dimando neun’altra cosa che sia mai al mondo, se non d’avere lei solamente». E quando Ghedin intese queste parole che T. avea dette, fue tanto allegro che neuno altro piú di lui, e disse a T.: «Ora montiamo a cavallo e torniamo alo palagio, e io sí vi prometto ch’io sí vi faroe segnore d’Isotta mia suora». E a tanto sí