La leggenda di Tristano/LXI

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LXI. — Or lascio lo conto di parlare di messer T. e di madonna Isaotta, e tornovi a una figliuola ch’avea Blanoro; ch’ella sí fece questo del padre e dela madre, ch’ella si prese il corpo del suo padre e si prese la testa dela madre, e si gli mise in su una nave. Ed allora sí si parte con essi dela [p. 77 modifica] Lontana Isola e passa e vanne alla terra ferma nelo reame di Norgales, il quale si era di Galeoto lo Bruno. E la figliuola di Brunor, sire di Lontane Isole, dappoi si fece fare una bara da portare gente a piede e favi mettere suso lo corpo del padre e la testa dela madre e viene via, cercando delo barone di Galeotto, suo fratello, per mostragli lo loro damaggio. E cercò uno grande tempo e nolo potea trovare; e vienne domandando tutti li cavalieri erranti di lui. E dappoi quando venne ivi ad uno tempo, si passarono per la terra del re de’ cento cavalieri, sotto ad uno castello che si chiamava lo castello dele Incantatrice, e quivi si abitava lo re di cento cavalieri. E la damigella si avea seco quatro donzelli e due donzelle. E guardossi innanzi e vide venire davanti de sé uno cavaliere coll’arme tutte rugginose; e la damigella si domanda chi è lo cavaliere. E lo cavaliere rispuose e disse ch’iera di strano paese. E la damigella disse: «Saprestemi voi dire novelle d’uno cavaliere che si chiama Galeotto lo Bruno, [figliuolo del] principe sire dele Lontane Isole?». E Galeotto rispuose e disse: «Perché ne domandate voi?». «Imperciò ched io si gli vorrei dire uno grande damaggio che gli è avenuto a questi giorni; ché T. di Cornovaglia si è venuto nele Lontane Isole de’ Gioganti e hae morto Pianoro suo padre; ed ecco lo corpo suo ch’è in questa bara, ed ecci la testa dela madre sua somigliantemente.» Allora disse Galeotto ala damigella: «Io sono desso». E allora la damigella lo riguarda e no lo conoscea, imperciò ch’iera grande tempo che non l’avea veduto. Or si leva Galeotto lo Bruno l’elmo di testa, e la damigella incontanente lo riconobe. E incominciano a fare grande pianto e grande corrotto insieme l’uno coll’altro. Allora disse Galeotto: «Damigella, lo piangere non ci vale neente oramai. Mandiamo incontanente per lo re de’ cento cavalieri, al castello dele Incantatrice». Imperciò il disse questo, perch’egli iera suo fedele. E quando lo re fue venuto, molto si ne mostra dolente di questa aventura. Allora sí presero Brunoro e la testa dela donna, e lo re si gli fae soppellire a una badia, grande ed orrevolemente. [p. 78 modifica]


LXII. — Ora dice [lo conto di] Galeotto ched egli si vuole andare al’isola de’ Gioganti a vengiare la morte del padre e dela sua madre. Allora sí comanda alo re dei cento cavalieri che s’acompagni con cento cavalieri pur de’ migliori ch’egli unque puote avere; e sí gli comanda che si debia andare all’isola. Allora dice lo re de’cento cavalieri a Galeotto che debia andare per Lancialotto, che faccia questa battaglia per lui, «imperciò ched io abo udito contare di T. troppo grande prodezze, sí che di questa aventura non ne potrebe aiutare altri ch’egli». E Galeotto disse: «Io mi pensava bene che altro non mi ne potea incontrare dela malvagia usanza dell’isola». Or dice lo conto che Galeotto dice: «Io vi voglio andare pur io», e comanda alo re de’ cento cavalieri, ched egli sí debia fare suo comandamento. E lo re sí rispuose e disse che sí fará egli volontieri. E a tanto si parte Galeotto in compagnia di due iscudieri solamente, e sí si ne viene inverso lo porto alo piú tosto ched egli unque puote. E quando giugne al porto, sí chiamoe una nave, la quale nave si andava in Irlanda; e Galeotto si monta allora in sula nave e li mastri marenai si fanno la via del loro cammino. E dappoi ch’egli fuorono in mare ed aviano il tempo bello e buono in loro camino, e Galeotto sí parla al padrone dela nave e sí gli dice: «Padrone, io ti priego che tue sí mi debi apportare al’isola de’ Gioganti». E lo padrone síi rispuose e disse: «In che maniera volete voi ched io v’aporti al’isola de’ Gioganti? E non sapete voi la mal usanza dell’isola? ché v’hae questa usanza, che neuno istraniero v’aporta che non li convegna incontanente essere pregione, incontanente ch’egli è giunto. E perciò sí vi dico che per neuna cundizione io non vi vi porterei». Allora disse Galeotto che sí pur farebe, «e dicoti, padrone, che se tue non mi vi porti per amore, sí mi vi porterai per forza». Ed egli disse che non farebbe per suo comandamento. Allora Galeotto sí mise mano ala spada e viene indosso alo padrone dela nave e fedelo di sí grande forza, che gli levoe la testa dale spalle. E ’l somigliante sí fece a parecchi degli altri marenai; e allora sí comandoe agli altri