La leggenda di Tristano/LXX

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LXX. — Pallamides, lo quale iera presso ala fontana nel bosco, vedendo che la reina si lamentava di Braguina in tale maniera, e traggesi innanzi e disse: «Chi vi desse Braguina, che dono gli dareste voi?». E la reina rispuose e disse: «Se tu Braguina mi rendi, promettoti che tu non m’adomanderai quello dono ch’io no lo ti dea incontanente». Allora disse lo cavaliere: «Impromettetemi voi cosí e sí come buona dama?». E la reina rispuose e disse: «Per nostra Dama, sí bene». Allora disse Pallamides: «Ed io vi dico e vi prometto d’averlavi renduta anzi terzo die sana e salva». E a tanto si montoe a cavallo Pallamides e partesi dala reina e cavalca quanto puote inverso lo munisterio reale e fae pur la piú diritta via ch’egli fare puote. E tanto cavalca che fue giunto alo munisterio, lá dov’iera Braguina. E le donne, quando videro lo cavaliere, sí gli fecero grande onore, e Braguina ispecialmente piú che neuna dell’altre, conoscendo ella ch’egli iera lo [p. 94 modifica] cavaliere che l’avea diliverata dala morte. E Pallamides disse: «Damigella, e conoscetemi voi?». E Braguina disse che noe. Allora sí si trasse Pallamidesse l’elmo e Braguina lo ’ncomincia a riguardare. E dissegli: «Non siete voi Pallamides lo buono cavaliere, lo quale voi foste ala corte del re Languis d’Irlanda alo tempo che lo torneamento del re di Scozia fue?». E Pallamides disse che sie. Allora cominciò Braguina a fare grande festa di Pallamides. E Pallamides disse: «Braguina, io voglio che tu per lo mio amore vegne con meco a madonna Isotta, imperciò ch’ella non ama neuna damigella tanto quanto tee. E questo voglio che tu facce per lo mio amore, e la reina sí ti perdonerá tutto suo maltalento». Allora disse Braguina: «Ed io farò tutto vostro comandamento, ch’io voglio imprima lo male che mia donna mi vorrá fare, che lo bene d’un’altra donna». Or torna lo re Marco a Tintoil e la reina e sua compagnia. E alo matino per tempo si leva Pallamides e concia lo palafreno di Braguina e poi sí piglia le sue arme e monta a cavallo e partesi dalo monisterio reale e cavalca inverso Tintoil per la piú diritta via ch’egli fare puote. E a tanto sí cavalcano e sono giunti alo palagio del re Marco e ismontano a piede delo palagio. E Pallamides sí prende Braguina per la mano e síla mena davante nela sala ala reina Isotta, e inginocchiasi davanti de sé e disse: «Madonna Isotta, eco ch’io v’ho menata Braguina, la quale io vi promisi, sana e salva e allegra». E la reina disse: «Bene è vero». E Pallamides disse: «E voi mi darete uno dono, lo quale io vi domanderoe». Ed ella disse: «Ciò è vero». «E dunqua» disse Pallamides «io sí mi n’androe alo re Marco a digli queste cose». Allora si parte Pallamides e viensine dinanzi alo re Marco e sí lo saluta e lui e tutta sua corte e dissegli: «Re Marco, io sono uno cavaliere errante, lo quale i’ ho cercati molti paesi né non ho trovata una ventura, se non in questo reame, e giá ho io servito ala reina Isotta, vostra donna, che mi dee dare uno dono. E perch’ella non mi puote dare neuna cosa sanza vostra parola, e perciò voglio che vi piaccia di concedermilo questo dono». E lo re Marco sí rispuose e [p. 95 modifica] disse: «Se la reina vi dee dare questo dono, ed io sí lo concedo bene». Allora lo re Marco si fece venire la reina dinanzi da sé e dissele: * Mia dama, e dovete voi dare a questo cavaliere uno dono?». E la reina disse che sie. Allora lo re Marco disse: «Dimanda quale dono tu vogli». E Pallamides disse: «E dunqua domando io la reina Isotta per mee». E lo re sí rispuose e disse: «E dunqua, cavaliere, mi vuogli tu toglere mia donna in cotale maniera?». E Pallamides disse: «Per mia fé, sie, imperciò ch’io voglio che voi andiate anzi folle voi ch’io per l’amore di madonna Isotta». E udendo ciò lo re Marco, sí fue lo piú trist’uomo e lo piú doloroso che mai potesse essere in questo mondo, quando ciò udio. Or dice lo re: «Cavaliere, io t’ho data mia dama, ma se alcuno cavaliere la ti togliesse per forza d’arme, a ciò non son io tenuto». E a tanto disse Pallamides: «Se alcuno cavaliere mi la toglie o mi la puote torre per forza d’arme, per mia fé siasi sua».