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i ricordi di roberto vérod |
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votiva, le lacrime
cominciarono a sgorgargli dagli occhi, inesauribili. Beatrice secreta,
consolatrice pietosa, egli la riconosceva al pensiero d’amore che
l’aveva nascostamente guidata dinanzi a quella lapide, al pensiero
d’amore che le aveva fatto intrecciare quella ghirlanda. Le ossa della
sorella morta avevano dovuto tremare, quando la pietosa mano aveva
appeso la bianca ghirlanda! Tremando egli piangeva di gioia secreta, di
gratitudine effusa, di timida speranza. Egli dunque viveva nella
memoria, nel cuore di lei! Quando ancora chiedeva a sè stesso quali
ricordi aveva lasciati alla lontana, quando dubitava d’esser rammentato
da lei, ella aveva sposato la sua religione del sepolcro! Fissando lo
sguardo velato alla corona luminosa pareva a lui che per un nuovo
prodigio la sorella morta esprimesse i sentimenti dai quali egli era
invaso; come oltre lo spazio ed il tempo il pensiero della lontana
arrivava fino a lui, così oltre la vita l’anima della sorella parlava,
ripeteva il consiglio che egli aveva udito altra volta: «Ama e vivi,
credi e vivi, spera e vivi.» Presentendo di adunare in uno stesso quadro
le imagini belle, egli le vedeva tenersi per mano, venirgli incontro
raggianti. La lontana aveva tratto dal sepolcro la morta; i due fantasmi
vivevano d’una stessa vita sovrumana, intangibile. Ma sopra la
meraviglia beata e l’estasi trepida e la grata fede, un sentimento di
secreta ambascia gli stringeva il cuore