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nuovi pensieri da confidare alla cara memoria, cupido delle ispirazioni che ella gli serbava. Della sorella morta aveva parlato a lei un giorno, accompagnandola a Chillon; le aveva detto che geloso amore egli aveva perduto, quanta parte di sè era chiusa in quella tomba. Ed ella stessa gli aveva chiesto di parlargliene ancora, più volte; aveva voluto sapere la vita della sorella sua e vederne i ritratti; con parole delle quali possedeva il secreto aveva detto la dolcezza forte del fraterno amore.

Appressatosi al sepolcro per comporre in un solo pensiero le tutelari imagini della morta e della lontana, i suoi occhi furono percossi da un bagliore. Sul muro funerario, accanto agli scheletri delle ghirlande votive che era venuto altre volte ad appendervi, una grande corona candida abbagliava come un’aureola. Non era intessuta di fiori, ma di bianche stoffe e di fili d’argento: una mano sapiente aveva piegato il raso bianco, i merletti bianchi, i veli bianchi, in modo da raffigurare petali nivei e foglie spumose. La sua confusione dinanzi a quel voto durò un attimo; per un attimo, pensando che nessuno al mondo fuorchè egli stesso aveva amato la morta, lo stupore, l’ignoranza dell’affetto dal quale veniva quel voto lo lasciarono perplesso e ansioso. Comprese come alla luce d’un lampo. Certo che nessuno fuorchè la creatura d’amore era potuto venire ad appendere quella corona