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i ricordi di roberto vérod 77

sonno penoso, un incubo greve lo aveva abbattuto. Udiva tratto tratto il fragore delle onde rotte contro i fianchi poderosi, l’arrestarsi dell’ansante respiro; vedeva le rive fuggire e ignorava dove fosse, dove andasse. Era andato in Italia, per vedere il bel paese, il chiaro sole, il cielo dolce che l’avevano fatta qual era. Era stato a Milano per vedere la sua casa natale: la casa alta e severa come una torre, in una via remota e silenziosa, dinanzi a una chiesetta tutta fiorita. Aveva visitato la piccola cittadella di provincia nel collegio della quale ella aveva trascorsa l’adolescenza; poi, in Brianza, il paese delle rose dove ella aveva passato tanta parte della giovinezza, dove erano sepolti i suoi cari. Imaginazioni felici lo avevano occupato; pensando ai giovani anni della diletta, alle ingenue speranze che le avevano sorriso, alla pura gioia che aveva diffuso intorno a sè, all’alba radiosa di quella benefica vita, egli aveva pianto lacrime grate. Ma il tempestoso pianto lo aspettava altrove.

Dopo una lunga peregrinazione, al morire della bella stagione era passato per Nizza come sempre usava prima di ridursi a Parigi. A Nizza egli aveva perduta la sorella sua, la sola compagna della sua orfana giovinezza; dinanzi al sepolcro della sorella egli veniva a meditare sui formidabili enimmi della vita e della morte. Quell’anno s’appressava al sepolcro più trepidante, pieno dei