Per Fordinario questi due generi si trovano
insieme commisti o alternati, sia perchè
non sempre 1"affetto è tanto vibrato,
o si forti le parole da spingere la voce a
tal grado di declamazione da potersi tradurre
in musica, sia per adattare lo stile
al cantante, e finalmente per una particolare
tendenza dello scrittore dipendente dal
modo proprio di sentire.
Cosi la Pasta e la Malibran figuravano
meglio nel genere misto che nel puro
ideale; la Lalande nel declamato; Rubini.
Tamburini, la Orisi nell’ideale; Donzelli,
Lablache e Cartagenova nel declamato. Cosi
Bellini è o fortemente declamato, o sommamente
ideale; Rossini, Donizetti e Mercadante
tendono al misto; Meyerbeer aifi
ideale. Il compositore che avrà studiato
la declamazione parlante procurerà far suo
ogni genere per servirsene ove meglio lo
esigeranno e gli affetti che deve trattare,
e gli attori pei quali scrive.
CARATTERE BE’ TOSI.
Qui cade in acconcio di far parola del
carattere dei toni, il quale certamente non
si può trascurare da chi voglia trar partito
di tutti i mezzi che 1 arte fornisce.
XX. Noi siamo soliti a non far altra
distinzione di toni fuorché quella di maggiori
o minori; pure chi è che iniziato appena
nell’arte non distingue un tono dall’altro se non pel nome della tonica, per
un’indefinibile diversità di carattere!
Ma da che trae origine tale differenza
fra toni lutti costrutti su di un modulo e
ai quali convengono le medesime modulazioni,
le stesse regole armoniche? Nè si
può dire che il diverso carattere sia poco
sensibile, essendo non pochi gli esempi
di persone che ignare allatto di musica
risentono in particolar modo alcuni toni
ed agli altri li preferiscono, il che si è
pure osservato in infermi e maniaci.
Nell’orchestra sembra potersi attribuire
lo strepito maggiore che vi fanno ì toni di
ì-e, di sol, di la maggiore alla quantità
di suoni ripercossi dalle corde vuote sol,
re, la. comuni a tutti gli strumenti da arco.
Infatti il tono di /-e, che più d’ogni altro
è squillante, trova tutti i suoni della sua
scala rinforzati dalla risuonanza simultanea
di qualche corda vuota; e così gli altri
toni perdono di vivezza a misura che hanno
minori suoni ripercossi e divengono di mano
in mano più cupi. Aggiungi l’influenza che
vi può avere la maggior chiarezza con cui
negli strumenti ad arco rispondono le corde
vuote.
Tutto ciò però non è applicabile agli
stranienti a fiato, i quali divengono più
squillanti quanto più sono acuti, perlochè,
siccome ai toni men vivi degli stranienti
a corda vengono a corrispondere toni più
squillanti in quelli a fiato, dovrebbe trovarsi
una specie di compenso scemante non
poco le diversità dei toni. Ma questo è
incontrastabile, ed esiste non solo nell’orchestra
ma nel cembalo e nell’organo sebbene,
non così marcata, e siccome qui la
risonanza simultanea non ha influenza, si
è creduto esserne cagione il temperamento.
Ma questo temperamento altri lo vuole
equabile, altri ineguale; ed un’accurata
osservazione ci dimostra che un medesimo
accordatore non tempera sempre egualmente
tutti i toni, ma or l’uno or l’altro
altera più o meno secondo si trova più
o meno disposto l’orecchio senza che per-
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ciò sia men buono l’accordo totale 0),
Dalchè siamo tentati a credere che naturalmente
il nostro orecchio si formi una
specie di corista il quale ci serva come di
punto a cui riferire non i soli toni musicali,
ma ancora le voci parlanti, e dedurne
i caratteri particolari. Per modo che troviamo
poi fra queste e quelli una tal quale
indefinibile analogia. Corista che forse a
principio non è che il tuon di voce della nutrice
e del babbo, e che pel conversare con
più persone viene a fissarsi ad un punto
medio, e si fa sempre più determinato
coll’uso dell’arte e di un costante corista
musicale a cui veniamo ad abituarci.
Tale ipotesi spiegherebbe meglio d’ogni
altra la facilità con cui gli iniziati nell’arte
giungono non solo a riconoscere, dal suono
che dà, il tasto del cembalo e dell’organo
senza vederlo, ma pur anche ad intonare
colla propria voce a preciso corista
qual siasi tuono senza aver duopo di prendere
l’intuonazione da un istromento.
Che che ne sia delle cause, il fatto si è
che sono specialmente rimarchevoli i caratteri
dei toni:
Ile maggiore, fragoroso
Re minore, mite
Mi maggiore, penetrante
Mi minore, sentimentale
Do maggiore, tranquillo
I)o minore, terribile
Mi bemolle maggiore, maestoso
Fa bemolle maggiore, grave
Sol maggiore, gaio
Sol minore, patetico
Fa maggiore, dolce
Fa minore, cupo
La maggiore, robusto
La minore, soave,
e simili clic l’osservazione fa sentir meglio
di quanto possa esprimersi con parole.
Importa dunque moltissimo la scelta del
tono alla verità dell’espressione, e vi influisce
a quel modo istesso che nel parlar
comune e nel dramma recitato si riconoscono
voci più analoghe ad alcuni che ad
altri affetti.
XXL Ma quando il concetto ritmico,
melodico, ed armonico sia pieno di verità,
ma o per motivo dell’estensione, o per qualche
particolorità meccanica della voce o
stromento più atto ad esprimerlo, non si
possa assegnarlo al tono più analogo, dovrassi
per questo solo rinunciarvi e perderlo?
No: m tal caso l’accordo degli elementi
principali coprir può il difetto del
tono, di che non ne son rari gli esempi.
Se però nel momento dell’ispirazione, o
meglio prima, il compositore avrà cura di
mettersi nel tono conveniente, ideando la
sua melodia per quella voce o stromento
che meglio si addice, difficilmente gli accadrà
di dover traslatare il concetto in tono
meno analogo.
Gli antichi fino a Rossini si facevano
dovere di terminare ogni pezzo di musica
nel tono in cui si era incominciato; Bellini.
e quelli che da lui presero le mosse,
molte volte usarono diversamente; costume
in vero comodo pei principianti, ma che
conviene esaminare se ragionevole o no,
ed in quali circostanze.
XXII. La legge che prescrive di terminare
nello stesso tono del principio è fondata
sulla ragione dell’unita necessaria a
tutte le belle arti, ma tanto più alla muti)
Ciò può sembrate un assurdo od un paradosso;
ma si troverà vero se si fanno accordare due cembali
separatamente l’uno dall’altro, sebbene al medesimo
preciso corista. In tal caso-sia uno l’accordatore o sian
due si troveranno difficilmente a perfetto accordo i due; stromenti presi insieme, sebbene lo saranno isolatamente.
sica quanto più sfuggevole e indeteminato
è il suo linguaggio come si ragionerà in
appresso. Egli è infatti osservato che un
pezzo di musica in cui si passasse a sempre
nuove idèe, a sempre nuovi toni, nulI
altro sarebbe che una confusione, un
discorso senza scopo, senza argomento ecc.
Se è vero che in un discorso ben ordinalo
il fine debb’essere conseguente al principio;
se è vero che i toni abbiano un
carattere, sarà vero altresì che l’ultimo
tono debb essere eguale al primo, ammesso
tutto al più il cambio di natura dal minore
al maggiore.
Ora, quando sarà trasgredibile tal legge?
Nella sola musica drammatica, ed in
quei casi in cui durante un medesimo pezzo,
il progresso dell’azione viene a mutare l’affetto
che a principio dominava. Cessa allora
la ragione assoluta dell’unità, e dà luogo
a quella più forte della verità drammatica,
la quale esige il più perfetto accordo delle
arti ausiliari colla poesia che ne è la principale.
(Sarà continuato).
II. Boucheuox.
FRENOLOGIA
APPLICATA AEEA MUSICA
Click e Russivi.
La fisonomia e il cranio umano offrono
essi certi segnali infallibili per precisare
le disposizioni, le facoltà, il grado d’intelligenza
degli individui, e specialmente
di quelli che sono dati alle arti dèli immaginazione?
E egli vero che le osservazioni
accumulate da Gali e da Lavater costituiscono
una scienza positiva? Su questo
punto i moderni sapienti sono in dubbio,
in contraddizione, in incertezza; nè questo
è problema da sciogliersi senza che passi
ancor molto tempo. Checché ne sia i due
seguenti aneddoti, che si sono riferiti per
autentici, e che riguardano uomini versati
nell’arte musicale, sono un argomento di
più in favore del sistema fisionomico e frenologico.
Quando Gluck incominciò la sua carriera
di compositore drammatico ebbe opportunità
di fare un viaggio a Zurigo ove si
T 1 ^ II
trovava Lavater che cominciava allora a
gettare le fondamenta della sua scuola divenuta
dappoi tanto celebre. Il tedesco
compositore aveva sentito in vario modo
ragionare de’ lavori frenologici di Lavater,
e, senza credere ciecamente per infallibile
la sua dottrina, senza abbandonarsi àU’animirazione
delle sue osservazioni ede’suoi piionostici,
della sua immaginazione vaga del maraviglioso.
e del suo spirito irrequieto e
ardente, s’era nondimeno molto invaghito
per quanto ei ravvisava d’elevato, di nuovo,
di ardito, e di piacevole nelle ipotesi
di questo sapiente nuovatore. Cosi egli
profittò del suo soggiorno in Zurigo per
fare una visita a Lavater.
Il fondatore della scuola fisionomica era
allora nel suo studio, vero museo ove le
teste di tutti gli uomini celebri dell’epoca
erano cercate ed esaminate in ogni loro
tratto e sembianza con gran diligenza per
compiere così la voluminosa corrispondenza
alla quale ogni giorno egli molte ore
consacrava. Lavater parve che neppur s’accorgesse
dell’entrare dell’artista, e occupato
nelle sue idee proseguì a scrivere le sue lettere.
senza nenimanco volgere la testa verso %
di Gluck. Passò intanto una buona mez- (