Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
188 | il mistero del poeta |
messa e torbida; quanto a me, la gelosia, la pietà, il dolore, l’ammirazione e l’amore mi facevano in mente una sola tempesta. Era la storia del più appassionato e cieco fra i cuori, dell’anima la più fiera e insieme la più equa verso chi l’aveva fatta soffrire, la più grande persino negli errori suoi, nello sdegno, forse talora ingiusto, di ciò che la comune opinione pronuncia. Il suo amore era stato distrutto d’un colpo, non dirò come; ella s’era trovata quasi senza cuore fino al giorno in cui aveva letto il mio libro.
Non versò, parlando, una lagrima sola, ma tutta la povera rosa perì, e sulla fine, le convulse mani che l’avevano unita si stringevano a vuoto come in delirio. Io le raccolsi, le chiusi nelle mie, le serrai sul mio petto, dissi piano qualche parola di conforto. Mi parve che la cara persona si elettrizzasse tutta, che piegasse a me, che gli occhi avessero un lampo di sereno. Le bambine la chiamarono in quel momento: miss! miss! Ella ritirò le mani e accennò che tacessero; non ci fu verso, dovette alzarsi, trascinarsi a stento fino a loro. Mi alzai pure. L’avevo confortata, ma col petto oppresso da un