luogo alle tenebre della oscura notte: la qual
cosa quanto sia a me, che simile vita sostegno,
nojosa a riguardare, colui solamente sel può
pensare, che lo ha pruovato, o pruova. Egli
mi viene una tristezza di mente incurabile,
cou una compassione grandissima di me stesso,
mossa dalle intime midolle, la quale non mi
lascia pelo veruno nella persona, che non mi
si arricci; e per le raffreddate estremità mi si
muove un sudore angoscioso, con un palpitare
di cuore sì forte, che veramente s’io nol desiderassi,
temerei che la dolente anima se ne
volesse di fuori uscire. Ma che più mi prolungo
io in raccontar quello, che a ciascuno può
essere manifesto? lo non mi sento giammai da
alcun di voi nominare Sanazzaro, quantunque
cognome a’ miei predecessori onorevole stato sia,
che, ricordandomi da lei essere stato per addietro
chiamato Sincero, non mi sia cagione di
sospirare; nè odo mai suono di rampogna alcuna,
nè voce di qualunque pastore, che gli
occhi miei non versino amare lacrime; tornandomi
alla memoria i lieti tempi, ne’ quali io
le mie rime, e i versi allora fatti cantando,
mi udia da lei sommamente commendare: e
per non andare ogni mia pena puntalmente
raccontando, niuna cosa m’aggrada, nulla festa
nè giuoco mi può non dico accrescere di
letizia, ma scemare delle miserie: alle quali io
prego qualunque Iddio esaudisce le voci de’
dolorosi, che o con presta morte, o con prospero
succedimento ponga line. Rispose allora
Carino al mio lungo parlare: Gravi sono i tuoi
dolori, Sincero mio, e veramente da non senza
compassione grandissima ascoltarsi: ma dim-