Ma non ha cherica,
Non ha collare;
Devoto al pentolo
Più che all’altare.
Caro ai gastronomi
Per dotta fame,
Temuto e celebre
Per fama infame,
Narrando cronache
E fattarelli,
Magagne e debiti
Di questi e quelli,
Compra se biasima,
Vende se loda,
E per salario
Lecca la broda.
Gratificandosi
Fanciulle e spose,
Gioca per comodo;
E mamme uggiose
E paralitici
Irchi divaga:
Ruba, fa ridere.
Perde e non paga.
È l’altro un nobile
Tinto d’ieri,
Re cristianissimo
Dei re banchieri.
Scansando il facile
Prete e la scure,
Già dilettavasi
Di basse usure;