Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/139

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atto primo 131

un pezzo. E, se vole delli patroni da comandare, che se Ili trovi. Guarda compagni de merda! Vole ch’io vada a chiamare un certo scolaro che vole che venga adesso. Si, si! È bello e venuto.

Prudenzio. Adhuc sei li, ch? Non odi, insolente famulo, no?

Malfatto. Oh! crepa, crepa, che non te voglio respondere.

Prudenzio. A chi parlo io? Olá!

Malfatto. Si, si! oh qua!

Prudenzio. Malfatto, voltate, che te volti el carnifice! O Malfatto! o poltrone!

Malfatto. Che volete?

Prudenzio. Dilli che venghi statim, che l’aspettamo a prandio.

Malfatto. Si; misser si.

Prudenzio. E che verrá tempestive.

Malfatto. Ve possa cader sul capo la tempesta!

Prudenzio. Vade cito et rede.

Malfatto. Me voglio metter a correre acciò che non me veda.

Prudenzio. Non odi, no? El poltrone, agricola, foditore, rustico ha passato el domo e non l’ha postulato. Certo ch’in qualcun altro suo negozio se andará ad occupare. Ma...

Mastro Antonio. Volemo andare a disnare, misiere? che sé ora.

Prudenzio. No, no. Aspettiamo un poco questo puerculo nostro discipulo, nunzio di certe nostre imbasciate.

Mastro Antonio. E sé molto lontano?

Prudenzio. In capite a questa via deambulatoria. E ho necessitá di parlar con lui sotto un brieve epilogo prima che saturi el ventre; che non posso contrastar alla petulanzia carnale e cagion è che vadia con la barba squalida e faccia con li oculi un profluvio di lacrime.

Mastro Antonio. Questa sé una mala trama.

Prudenzio. Io el so, che contremisco totiens quotiens cogito nelli estuanti desiri per li quali son leso che me fanno come un viro furente. Pur, nihilominus, speramo che, mediante el buon naturale discorso che ci troviamo e la sua buona e