Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/285

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atto quarto 277

          Questa è la colazion che mi volevi
          dare? Oh che nuova acerba! Ma fa’ pure
          quel che ti par; che tu predichi, appunto
          come facea quell’altro, nel diserto.
          Che anzi voglio morir: ch’è meglio assai
          morir ricco che viver poi stentando
          in povertá. Non ne farem niente.
          Guarda la gamba, che mi lasci mettere
          nel giubbon del comune!
          Crisaulo  Tienlo! piglia!
          Pigliatel presto, che ’l vo’ fare or ora
          appicar, cosí caldo, per la gola.
          È cotto, e vuol fuggire! È dato giú.
          Rimenatel pur qua.
          Fileno  La lepre è giunta.
          E che volevi far cosí a fuggire?
          Sta’ pur, ch’io t’ho.
          Crisaulo  Va’; corri al capitano,
          Timaro, da mia parte; e fa’ che mandi
          qui dieci sbirri, che li voglio dare
          uno assassino.
          Pilastrino  Oimè ! Misericordia!
          Crisaulo  Usarla in te sarebbe cosa iniqua:
          che sei un ladrone e non vuoi ra vederti.
          Sarai pagato adesso.
          Pilastrino  Odi, Fileno?
          Dice che tu mi lasci. Non hai inteso?
          Lasciami, dico: sono ancor digiuno;
          voglio ire a casa.
          Fileno  Anco a digiun potresti
          dar con le scarpe la benedizione.
          Sta’ pur qui fermo.
          Pilastrino  Ti prego, Crisaulo.
          Dch! Non mi lasciar metter piú paura,
          che mi sento venir la febbre fredda.
          Manda a dir che non venga il capitano.