Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/383

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atto quarto 375


Stragualcia. Voi mi potete ristorar con poca cosa.

Virginio. Dimanda.

Stragualcia. Acconciatemi per garzon con questo oste che è il miglior compagno del mondo e ’l meglio fornito e ’l piú savio e quel che meglio intende il bisogno del forestiero che oste che mai io vedesse. Io, per me, non credo che sia altro paradiso al mondo.

Gherardo. Gli ha nome di tener molto bene.

Virginio. Hai tu fatto colazione?

Stragualcia. Un poco.

Virginio. Che hai mangiato?

Stragualcia. Un par di starne, sei tordi, un cappone, un poca di vitella; e bevuto due boccali solamente.

Virginio. Frulla, dagli ciò che vuole; e lascia pagare a me.

Pedante. Or che vuoi?

Stragualcia. Vi bacios las manos. A questo modo son fatti i padroni, maestro! Messer Pietro, voi séte troppo misero e volete ogni cosa per voi. Sapete da quanti v’è stato detto.

Frulla, porta un poco da bere a questi gentiluomini.

Pedante. Non bisogna, no.

Stragualcia. So che voi berete. Pagarò io. Che credete che sia? Due animelle, una fetta di salsiccione... Volete? Maestro, bevete voi ancora.

Pedante. Per far teco la pace, son contento.

Stragualcia. Oh! gli è buono! Padrone, voi avete da voler bene al maestro che vuol meglio al vostro figliuolo che agli occhi suoi.

Virginio. Dio gli facci di bene.

Stragualcia. Tocca prima a voi e poi a Dio. Bevete, gentiluomo.

Gherardo. Non accade.

Stragualcia. Per gentilezza, entrate drento, tanto che Fabrizio torni; e, poi che la cena è in ordine, cenaremo qui, questa sera.

Pedante. Questo non è forse male.

Gherardo. Io vi lasciarò, che ho un poco di facenda a casa.