Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/157

Da Wikisource.

atto secondo 145

Ecco ch’egli è tornato molto presto. Ed è tutto sottosopra, secondo che mi pare al volto.

Lucido. Guarda s’io sapevo come la cosa aveva andare! Ohi povero Tiberio! Ti converrá pensare ad altro che trastullarti con:

Livia.

Cesare. Tu sei tornato si presto?

Lucido. E non tanto che non bisognassi piú. l’ti fo intendere che Aridosio è in Lucca.

Cesare. Volevi tu dir altro che questo?

Lucido. Si; ma ho piú fretta adesso che dianzi.

Cesare. Tu hai molto gran faccende!

Lucido. Tiberio! o Tiberio! Erminio! Uscite un po’ qua.

Cesare. Che fretta è questa? Mi voglio.tirar in questo canto e star a veder che cosa eli’ è.

SCENA III

Tiberio, Lucido, Erminio, Cesare.

Tiberio. Chi mi chiama?

Lucido. Non ti diss’io che tuo padre verrebbe?

Tiberio. Mio padre?

Lucido. Tuo padre viene e sará adesso adesso qui.

Tiberio. Mio padre?

Lucido. Tuo padre.

Tiberio. E chi l’ha visto?

Lucido. Io, con questi occhi.

Tiberio. E lui ha visto te?

Lucido. Non, ch’ero discosto.

Tiberio. Io son rovinato, Lucido.

Erminio. Come abbiam noi a fare?

Tiberio. Dico che son rovinato, Lucido, se non mi aiuti.

Lucido. Che vuoi tu ch’io faccia?

Tiberio. Qualcosa di buono, Lucido mio.

Lucido. Facciam levar quel letto e quella tavola; e lasciam v la casa come la stava prima; e mandiam via costei.