Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/231

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atto primo 219


Pedante. Flamminio, due verbicule; e poi ti do plenaria licenzia.

Flamminio. Eccomi: ma fornite presto.

Pedante. Il sugo delle nostre meliflue parole si è breviter quello che canta lo Ecclesiastico-. «Si cum sancto, sanctus eris: si cum perverso, perverteris» . Ideo Cato: «Cum bonis ambula».

Valerio. Vorrebbe intender la Sua pedantesca Reverenza che io non fossi uomo da bene?

Pedante. Taci, tu, che io non volgo il mio eloquio a’ pari tuoi.

Flamminio. Taci, Valerio.

Pedante. Piú ultra san Paolo: «Corrupunt bonos mores eloquia mala».

Flamminio. Io non v’intendo.

Pedante. Io voglio dinotare che non mi piace molto quella domestichezza che hai presa noviter con quel cortigiano ispano, perché gli ispani sono generatio mala.

Valerio. Egli parla santamente, Flamminio. Non dice di me.

Flamminio. Domine mi, la domestichezza che io ho con lo spagnuolo che dite non passa piú oltre di «buon di» e «buon anno». E questo io fo, che, avendo egli preso a salutarmi come mi vede Pedante. Quel «come mi vede» è superfluo.

Flamminio. ... mi parrebbe opera da villano a non risalutare lui ancora.

Valerio. Non sarebbe spagnuolo, se non avesse questo costume, e dee venir via con le riverenze insino a terra.

Pedante. Questo tuo servulus è presontuoso, ne dicam temerario. Non lassar mai che la tua libertina lingua si mescoli nei sermoni degli uomini dotti. Aliter, sarai tenuto un quadrupede Valerio. Volentieri, cembalo della pedantaria.

Pedante. Itaque, Flamminio, figliuolo, te admonuisse volui.

Flamminio. Vi ringrazio.

Pedante. Da poi habeo etiam aliquid tibi di cere.

Flamminio. Quel che avete detto è pur troppo; e si fa tardi.

Pedante. Arrige aures; e ascoltami con attenzione.