Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. I, Laterza, 1912.djvu/67

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atto terzo 59


Ruffo. In ogni modo, si. Andate a contentar quella scontenta.

Fannio. Contenta so io ben che non fia, a questa volta.

Ruffo. Si, si, perché Lidio userá seco il sesso feminile.

Fannio. Messer si. Be’. Possemo andare? di’.

Ruffo. A posta vostra. Lidio è vestito?

Fannio. E’ mi aspetta qui presso; e sta tanto bene che non è persona che non lo pigliasse per donna.

Ruffo. Oh! oh! quanto mi piace! Fulvia vi aspetta. Va’, trova Lidio e da lei ve n’andate. Io de qui intorno non mi partirò, per intendere poi a che fine se arreca la cosa. Oh! oh! oh! Ella è, vedi, giá in su l’uscio. Ben ha presto fatto quanto li dissi.

SCENA XXII

Fessenio servo, Fulvia.

Fessenio. Or sei tu fuor di passion, madonna mia.

Fulvia. Come?

Fessenio. Lidio è per te in maggior fiamma che tu per lui. Non prima gli dissi quanto me imponesti che in ordine si misse; e a te ne viene.

Fulvia. Fessenio mio, questa è nuova da altro che da calze; e certo ben ti ristorerò. Odi, di sopra, che Calandro domanda i panni per uscir fuori. Tira via, che meco non te veda. Oh che commoditá ! oh che piacere mi fa! Ogni cosa comincia andarmi prospera. Lassami spingere fuora questo uccellaccio acciò che io libera resti.

Fessenio. Ti so dir che questi amanti ristoreranno il tempo perso. E, se Lidio fia savio, doverrá ben fermarla alla cosa di sua sorella, se mai si ritrovassi. Calandro non sará in casa. Hanno viso per grande spazio sollazzarsi insieme. Io posso andarmi a spasso. Ma oh! oh! oh! Vedi Calandro che vien fuora. Lassami discostar di qui perché, fermandosi a parlare qui meco, potria veder Lidio che ornai deve arrivare.