Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/100

Da Wikisource.
88 l’amor costante


Lattanzio. Compare, vi domando, di grazia, che voi mi mettiate, in questa cosa, in luogo vostro e lassiate tutto questo carico sopra di me. Non mei negate.

Guglielmo. In fine, io accetto l’offerte; e pregovi che quel che se ha da fare si facci con prestezza, che mi par tutta volta veder venir la turba.

Lattanzio. Io non ci metterò tempo in mezzo. Voglio andare a far pigliar l’armi a’ miei fratelli e subito, in un salto, da la banda di drieto saremo in casa vostra. State di buon animo.

Guglielmo. Or andate.

Lattanzio. Una cosa vorrei ben sapere. Areste, per sorte, presentito con che arme voglion venire?

Marchetto. Ve lo so dir io: con la spada solamente e con brocchiero sotto le cappe.

Lattanzio. Basta: tanto faremo ancor noi. Voltarò di qua.

Guglielmo. Mi vi raccomando.

SCENA VI

Marchetto, Guglielmo.

Marchetto. Gran ventura è stata la vostra a trovar questo messer Lattanzio.

Guglielmo. Insomma, gli amici son sempre da tener molto cari.

Marchetto. Andiamo in casa, padrone, e spidiamo; che si dia spaccio a coloro piú presto che si può. Cosa fatta capo ha.

Guglielmo. Ben dici. Andiamo.

SCENA VII

Messer Ligdonio, Panzana.

Messer Ligdonio. Tu pieste, Panzana. Non vai niente destro.

Panzana. O come volete ch’io vada?

Messer Ligdonio. Ca tu vaga agile e leggero e ca tu faccia siempre che nce siano due passi fra te e me.