Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/125

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atto quinto 113


Messer Consalvo. Non è tempo di pianger, Pedrantonio. Vediam piú presto di mandar per qualche medico e veder se si trovasse rimedio alla bevanda.

Guglielmo. Ah Dio! che troppo forte e troppo potente composizione fece far maestro Guicciardo! Pur proviamo. Va’, Marchetto, e trova presto maestro Guicciardo e menalo subito qui e digli che è cosa che importa assai.

Marchetto. Presto sarò qui, che lo trovarò alla butiga de Gregorio speziale. Oh Dio! Vi vo mal volentieri. Pur non vo’ mancare; e tanto piú che io penso che i remedi sieno scarsi.

Guglielmo. Ginevra, vattene in casa. E mettetevi in letto, tu e Ferrante; e vedete di sudare: che, or or, verrem col medico a far que’ remedi che si potrá.

Messer Giannino. Lassami levar questi ferri e queste manette.

Lucrezia. Andarò. E pensatevi, caso che non ci sia riparo, che noi morremo volentieri.

Guglielmo. Che sa far la Fortuna, messer Consalvo! dar tanto bene e tanto male in un punto!

Messer Consalvo. Mai conobbi in persona del mondo tanta costanzia quanta in questa nostra Ginevra.

Messer Giannino. Oh! Io vorrei che questo maestro Guicciardo venisse presto.

Guglielmo. Eccolo di qua che viene in fretta. Dio ce la mandi buona.

SCENA V

Messer Giannino, Maestro Guicciardo, Guglielmo,

Messer Consalvo, Sguazza.

Guglielmo. Ben venga, maestro Guicciardo.

Maestro Guicciardo. Dio vi contenti tutti. Che cosa è accaduta, che ho incontrato Marchetto che cosí in fretta veniva per me?

Guglielmo. Voi sapete, maestro Guicciardo mio, quanto stamattina mi allargai con esso voi di tutte le cose mie.