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148 l’aridosia


Lucido. Aridosio, perdonatemi: non vi avevo conosciuto. Voi siate, per certo, a toccar li. Discostatevi.

Aridosio. Perché vuoi tu ch’io mi discosti? / Lucido. Se avete cara la vita vostra, discostatevi.

Aridosio. E perché?

Lucido. Voi lo potresti vedere e sentire, se troppo vi badate intorno. Discostatevi, vi dico.

Aridosio. Vo’mi tu dir perché?

Lucido. Perché cotesta casa è piena di diavoli.

Aridosio. Oimè! Che sento io? che cosa è questa?

Lucido. Non vi dich’io che l’è piena di diavoli?

(Spurgasi. Fanno romore in casa).

Aridosio. Come «piena di diavoli»?

Lucido. Non gli avete sentiti?

Aridosio. Si, ho.

Lucido. E li sentirete dell’altre volte.

Aridosio. E chi l’ha indiavolata, Lucido?

Lucido. Questo non so io.

Aridosio. Oimè! che mi ruberanno ciò che io v’ho.

Lucido. Se non rubano i ragnateli...

Aridosio. Vi son pur gli usci, le finestre e altre masserizie.

Lucido. Avete ragione. Non mi ricordavo di questo.

Aridosio. Me ne ricordavo io, che toccava a me.

Cesare. Ancor non intendo io questa matassa.

Lucido. Oh! Voi tremate! Non abbiate paura; che non vi faranno altro male se non che voi non potrete usare la casa vostra.

Aridosio. Questo ti par niente? O se gli andassin anche in villa?

Lucido. Bisognerebbe che avessi pazienzia.

Aridosio. Bella discrezion, la loro, tór la roba d’altri! Almanco ne pagassin la pigione! Ma, per questa croce, che, se io dovessi metterci fuoco, ch’io ne gli voglio cavare.

Lucido. Voi gli giunteresti! Non vi stanno egli drento per piacere.