Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/268

Da Wikisource.
256 il ragazzo


Messer Cesare. Madonna ha un buon tempo e non sei conosce.

Ciacco. Tale ne abbiano tutte le altre.

SCENA VII

Messer Cesare, Caterina, Ciacco.

Messer Cesare. Caterina! Caterina! Tu non m’odi, asina?

Caterina. Che volete, padron caro?

Messer Cesare. Terrai chiavato quest’uscio. E, se madonna ti domanda di me, dille che io son nel letto, intendimi tu?

Caterina. Messer si.

Messer Cesare. E guarda che non ti venga sonno negli occhi per insino a tanto che Flamminio ritorni; che ho mandato testé Valerio per lui né indugeranno molto a venire. E, sopra tutto, non ti partir da Camilla.

Caterina. Se volete che io vada ad aprire a Flamminio, non converrá partirmi da lei?

Ciacco. Ah! ah! È de gentile ingegno, costei, se ben è losca d’un occhio.

Messer Cesare. Tu m’hai inteso.

Caterina. Benissimo.

Messer Cesare. Or chiava l’uscio.

Ciacco. Egli è meglio che noi prendiamo quest’altra strada.

Messer Cesare. Sia al modo tuo.

SCENA Vili

Caterina fante, Camilla.

Caterina. Andate pur, padrone; che io vi so dire che, alla tornata vostra, non trovarete Camilla. Qualche pazza si starebbe con le mani a cintola, spettando d’oggi in domani «il padre mi maritará». Il quale è tanto perduto dietro a questi suoi amori che non si ricorda di se medesimo. Camilla, figliuola»