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272 il ragazzo


Messer Cesare. Uccellato me?

Valerio. Voi, padrone astuto.

Messer Cesare. Me uccellato? e di che? Dillo tosto; non mi tener sospeso.

Valerio. Voi credevate che il ghiotto facesse per voi la imbasciata a Livia...

Messer Cesare. Che non l’ha fatta per me?

Valerio...ed egli l’ha fatta per Flamminio.

Messer Cesare. Che?

Valerio. Voi credevate che ’l tristo vi conducesse, questa notte, a lei e v’ha condotto Flamminio.

Messer Cesare. Oh Dio! Che è quello che io odo? Egli ha condotto Flamminio a Livia?

Valerio. A Livia, egli ha condotto Flamminio; a Livia.

Messer Cesare. Dunque, m’hai ingannato ancor tu, ladri e manigoldi che voi séte!

Valerio. V’ho ingannato io, a dirvi quello che vi sarebbe avenuto?

Messer Cesare. Non mi dicesti tu che egli era andato a cena col signor Fabrizio? Tale devea esser la cena ordinata da voi, che ’l fuoco v’abbruci, disleali, furfanti e mancatori di fede!

Valerio. Se Flamminio mi disse cosi, perché non lo dovea io credere, che lo giudicava un santarello?

Messer Cesare. Adunque, Flamminio s’era inamorato di lei, sapendo che n’era inamorato io? Vedi amore ed osservanza di figliuolo!

Valerio. Io vi dico tant’avanti, che tra lui e lei n’è seguito il matrimonio.

Messer Cesare. Il matrimonio? Oh tristo me! Ora conosco l’inganno di quel ribaldo di Ciacco; ora conosco a che fine mi condusse il garzone vestito da donna. Quando piú mai s’udí tradimento maggior di questo?

Valerio. Sareste un duca, padrone, se non vi fusse ancor peggio.

Messer Cesare. Peggio ci è ancora? Oh Dio! E che puote esser peggio?