Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/352

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340 i bernardi

          Cambio.  Com’ha nome? Disselo?
          Zanaiuolo.  Madesi che lo disse. Un tal da Genova...
          Ah! Me n’aricordo or: Bernardo Spinola.
          Fazio.  Oh! Che dice costui? Di grazia, leggila:
          ch’i’ mi consumo.
          Cambio.  Si. Ma prima mandisi
          via il zanaiuol; che non è ragionevole
          ch’e’ fatti nostri da ognun si sappine
          Fazio.  Orsú, zana! Va’ via; che questa lettera
          s’è data a chi s’avea a dare.
          Zanaiuolo.  Diavolo!
          Anche che io non saccia a chi doveala
          dare!
          Cambio.  Deh! Vanne via, dico; e spacciati.
          Zanaiuolo.  Non me ne voglio annar. Dammi la lettera
          qua, ed andronne.
          Fazio.  Deh! Pon’mente storia
          che è questa!
          Cambio.  Non te la vo’ dar.
          Fazio.  Deh! Vattene.
          Levatici dinanzi.
          Zanaiuolo.  Vo’ la lettera,
          ti dico; che non te l’ho a dar.
          Cambio.  S’tu stuzziqhi,
          tu vai cercando el male come i medici.
          Zanaiuolo.  Che male me puoi far?
          Cambio.  Fazio, soccorrimi;
          che mi vuole sforzar.
          Fazio.  Doh poltroni asino!
          S’i’ chiamo il famiglio, ti farò correre
          ad altro suon che di tromba.
          Cambio.  Deh! Chiamalo;
          ch’altro verso non veggio da potercelo
          levar dinanzi.
          Zanaiuolo.  O andate, che lo diavolo
          ne porti l’uno e l’altro!