Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/354

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342 i bernardi

          Cambio.  Deh! Seguita.
          Fazio.  «... e piú che mai contento perché truovomi
          dumila scudi contanti. E, benché erano
          del mie’ padron, son mia...». Oh ribaldo!
          S’ha fatto sua e’ mia danar. «... che ’l salario
          monta assai piú; che l’ho servito dodici
          anni». E’ ne mente, il tristo, per la pessima
          gola; per ciò che, assai piú che non merita
          il suo servizio, l’ho pagato.
          Cambio.  Seguita
          pure.
          Fazio.  «Ed, acciò che non mi truovi facilemente,
          mi sto rinchiuso in una camera
          d’un oste...». Oh traditore! «... e, com’ho l’animo
          tuo saputo, uscirò fuori. Ora pregoti,
          se ti vuoi meco per sposa coniungere...»
          Gli scrive alla tua figliuola?
          Cambio.  Vedilo.
          Fazio.  «... che mei dimostri in questo, che a far facile
          ti fia: cioè che, letta questa lettera
          (intendendo, però, se fuori è Cambio
          tuo padre), un pannolin bianco subito
          ponga alla tua finestra, fuor, per segno;
          e l’uscio tuo socchiuda si che, a spignere
          solamente, si apra. Io, che di subito
          ne sarò avisato, arò tanto animo
          ch’uscirò fuori. E fa’ che la tua camera
          terrena sia aperta, che, piacendoti,
          ivi me ne enterrò: dove quietissimo
          mi starò infin che tuo padre sia itone
          a letto. Allora tu, com’amorevole
          che sempre mi sei stata, giú verra’tene.
          Li parleremo alquanto insieme: e, datoci
          la fede l’uno a l’altro, la medesima
          notte, te ne merrò per sposa a Genova;
          ed uscirai di si fatta miseria