dice costei? che potrebbe mai essere
loro avvenuto? Menica. Uh! uh! Mi cascò subito
il fiato, quand’i’ viddi aperto l’uscio
e che n’uscí Alamanno Bisdomini. Gianni. L’ha nominato il mio padron. In fine,
vo’ dimandar di questo caso. Menica!
o Menica! Non odi, ch? Menica. Che vuo’ tu? Gianni. Vieni un po’ qua. Menica. Oh! oh! A punto vengone!
Se tu lo credi!... Gianni. Deh, Menica! Ascoltami
una parola sola. Menica. Tu giá dettone
hai una; e basta. Gianni. Buono! Tu vuo’ ’l dondolo
de’ fatti miei, ch, Menica? Menica. Die me ne
guardi! I’ non vo* coteste cose. Proprio! Gianni. Vo’ dir che tu mi strazi. Menica. I’ non ti strazio;
ma ho altro che far che or attendere
a ciance. Gianni. Non son ciance, alla fé. Menica. O spacciati;
di’ sii ciò che tu vuoi. Gianni. Che travaglio
è il vostro, in casa? Dimmi un po’. Menica. Va’ cercalo.
Che ha’ tu a saper e’ fatti nostri? Gianni. Importami. Menica. O guarda un po’ come gli importa!
•Gianni. Menica,
per questa croce, che m’importa, credimi
ch’i’ non burlo. Ma non mi conosci tu?
Io son pur vicino.