Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/465

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nota 453

dunque, ci rappresentano un testo, qua e lá abbreviato, ma non sostanzialmente diverso da quello dei manoscritti, come apparirá chiaro dai seguenti esempi1.

A. I, se. i: «tu lo lasci senza pensieri o di studi o di faccende. Solo attende a’ cavalli, a’ cani o all’amore o, insomma, solo a quelle cose che l’animo gli detta. Onde io mi dubito che, passato questo fervore della sua gioventú...». — A. i, se. 2: € Marc E tu dove vai? a portar qualche imbasciata al munisterio? Lue. Che monasterio? Marc Ohi Fattene nuovo meco, bestia! Lue. E che sapete voi di monasterio?» — A. 1, se. 5: «Erm... Oh Dio! Tu solo puoi fare che la lo facci secretamente e che, ad un tratto, la non vituperi sé e me ed il monasterio. Lue Dio non ha altra faccenda...». — A. 11, se. 4: i Aridosio, perdonatemi: non vi avevo conosciuto. Voi siate, per certo, a toccar li». — Ivi: «Gli è un modo di dire. So bene che la colpa è sua e che, s’ei non volessi, non lo svierebbe persona». — A. il, se. 7: «Erm. E’ sarebbe come raccomandar me a me medesimo, maestra mia. Suor Mar. Però non te l’avevo detto. Erm. Orsú! Andrò dove noi siam rimasti. Suor Mar. Ascolta. Mandaci un po’ di trebbiano...». — A. ni, se. 2: «Ar. Pur per gli spiriti? Skr Iac. Oh! Che vi pensate? Ar. È ella fredda o calda?. Ser Iac Oh! Voi mi domandate delle gran cose!» .

Queste deviazioni delle due stampe di Venezia e di Bologna dalla redazione manoscritta non sono, sicuramente, trascurabili2; ma pur sembrano perdere ogni importanza e ogni significato quando

  1. Cito secondo la nostra edizione, che corrisponde ai codici e, in particolar modo, come giá dissi, al Riccardiano 2970 1. Le parole chiuse fra parentesi quadre sono quelle che mancano alle due stampe di Venezia e di Bologna. E avverto ancora che non tengo conto delle singole differenze formali.
  2. E a chi saranno esse dovute? Secondo L. A. Ferrai, Lorenzino de •’Medici, pp. 340 e 341 n. 1, lo stesso autore avrebbe curato la prima edizione della sua commedia, che sarebbe quella veneziana di Mattio Pagan. Io penso, invece (mentre, di passaggio, osservo che, per ragioni cronologiche, potremmo supporre una diretta partecipazione del Medici anche all’altra edizione di Bologna del 1548, poiché essa fu terminata di stampare il 22 febbraio di quell’anno e Lorenzino fu ucciso dai sicari di Cosimo quattro giorni dopo), che YAridosia venisse in luce all’insaputa dell’autore e fosse condotta su una copia assai frettolosamente eseguita. La stessa mancanza del prologo, che si avverte in tutt’e due le edizioni, e nella quale il Ferrari credè di poter riconoscere un sottile accorgimento politico di Lorenzino («egli voleva confermare ciò ch’egli stesso avea diffuso tra i fuorusciti, che cioè presentando YAridosia sulla scena a Firenze, si era servito del prologo per annunziarvisi autore di una sanguinosa tragedia. Omettendolo nell’edizione, chi non avrebbe creduto che esso non contenesse allusioni politiche, non tollerate dai revisori?»), pare a me un’assai chiara prova della fretta e della disattenzione con cui si attese da qualche estraneo all’opera della stampa.