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120 IV - ISTORIA DI TRE GIOVANI DISPERATI E DI TRE FATE
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La borsa (nota, perché dir lo possa
a chi tal fatti avesse domandati),
per ogni volta che gli do una scossa,
e’ casca quivi ben cento ducati.
Ogni volta che ’1 corno sonar possa,
vien dieci squadre qui d’uomini armati.
— Questo è gran caso — Biagio allor rispose.
Disse la donna: — E c’è piú belle cose.
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Questo tappeto, chi l’ha sulle spalle,
se colui che l’ha addosso vuol che porti,
lo porterá persino in Roncisvalle,
e contra lui non vai mura né porti,
e passa monti e ciascheduna valle;
e’ venti come lui non van si forti.
Non è questa gran cosa? Dimmi tue
di queste cose ch’abbin tal virtue. —
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Biagio prese la borsa con la mano
e ’1 corno ancora, e disse alla regina:
— Se fusse quel che dici, intendi sano,
al mondo non fu mai cosa si fina. —
E poi prese il tappeto di tostano,
misse alle spalle e poi disse: — Cammina! —
E lassò quivi le gioie cascare,
E la regina incominciò a gridare.
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Corsero i servi sua a quelle grida,
e disscn tutti quelli: — Che vuol dire?
Rispose la regina: — A chi si fida,
come a me, suole sempre intervenire;
ora e’ convien che di me ben si rida,
tal che per questo credo di morire. —
E disse a’ servi sua questa ragione,
e quel maestro n’è tutta cagione.