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E Io fratello ne fé’ gran sollazzo,
disse: — Io non vo’ che la rcina s’arda! —
Imantanente montò in sul palazzo
con quella gente ch’egli ha in sua guarda.
E ciascun de’ baron, se non fu pazzo,
e’ giovani ubidir niente tarda;
e lo re Tarsian mena gran duolo,
ch’a tal bisogno si ritruova solo.
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Veggendosi cosi ’l re abbandonato
da’ suoi baroni, gran dolor n’avia.
Allor Gibello, savio ed insegnato,
co’ molta gente al padre se ne giá.
Davanti a lui e’ si fu inginocchiato,
umilemente parlava e dicia:
— Padre mio, a ragion or m’intendete
come dritta giustizia mi facete. —
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E’l padre rispondea con gran dolore:
— Di’ ciò che vuoi, ched io l’ascolteròe. —
Allor Gibello rispuose e parlòne:
— A onor di Dio i’ si vel conteròe:
come non fu ’mpossibile al Signore
di fare Adamo, primo uom che formòe,
cosi non gli è ’mpossibile di fare
duo figliuol’ in un’ora in generare. —
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E ’l padre disse: — Dolce figliuol caro,
tu m’hai mostrato il ver si apertamente,
ond’io cognosco e veggio puro e chiaro
che uno e duo sono in Dio possente. —
E gli baroni Iddio ringraziáro,
veggendo il re del vero conoscente.
Allora il re Gibel per man pigliòe,
allato a sé a sedere l’assettòe.