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28 i - il bel gherardino

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E lo Bel Gherardino niente tarda;
coll’arme bianca uscíe della trabacca.
E la donzella, che da lunge il guarda,
che correndo il cavallo venne in stracca,
fra l’altre dice, di color gagliarda:
— Questo soldano ci è omai per acca,
ch’io veggio il cavalier, ch’è cosí franco,
a lo stormo tornar vestito a bianco. —
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Come a lo stormo il Bel Gherardin giunse,
riconobbe il soldano a l’armadura,
e ’l buon destriero degli sproni punse:
abbassa l’asta e inver’ di lui procura,
e co’ la lancia in tal modo l’aggiunse,
che il fe’ cadere in su la terra dura.
E, qui ismontando, di franchezza giusto,
e’ tagliolli la testa da lo ’nbusto.
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E rimontò a cavallo arditamente;
piú presto che non fu giammai levriere,
innanzi li fuggía tutta la gente,
gridando: — Viva il franco cavaliere! —
Cosí del campo rimase vincente,
come il lion, signor de l’altre fiere.
Incoronato insieme fue co’ lei,
con tal onor che contar nol potrei.
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Po’ ch’a la Fata ebbe dato l’anello,
gran festa fae che l’hae ricognosciuto.
E la serocchia diede a Marco Bello,
ed hallo sempre con seco tenuto.
E quella del soldan diede a un donzello
di gran legnaggio, cortese e saputo;
e novanta anni vivette signore.
Questo canto è compiuto al vostro onore.