Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. I, 1913 – BEIC 1888692.djvu/109

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XIV Il medesimo alla medesima Ancora dei propositi di fuga, che non porrá in atto. Illustrissima signora, ho recevuto la sua del 12, e, vedendo che donna Giulia stava ancora con qualche poco di gelosia di casi di Carnesecchi, non ostante quel che egli li aveva scritto per assicurarlo che non farebbe cosa niuna senza consenso e buona grazia sua; come desideroso di liberare quel gentiluomo dal fastidio che di ciò piglia per la troppa bontá e caritá sua, sono stato a trovare Carnesecchi, il quale, come sa Vostra Signoria, è l’anima di Carnesecchi. E, dopo averlo pregato e scongiurato istantissimamente che mi volesse intorno a ciò scoprire il segreto de l’animo di detto Carnesecchi, non ho finalmente potuto cavarne altro, se non che è ben vero che egli ha quella inclinazione, ma che è contrappesata da tanti e si gravi rispetti, e principalmente da l’amore che porta a donna Giulia e dal credito che dá alle sue parole, che non può pensare ch’egli sia mai per eseguire tal pensiero. Il che essendo conforme a quello che li di passati mi disse egli medesimo di sua bocca, mi fa resolvere del tutto a credere che non ci sia un pericolo al mondo di quel che dubita donna Giulia; perché, se ben è rotto, come dice Vostra Signoria, uno di tre legami, che lui soleva dire che lo tenevano, per la morte di Inghilterra, e l’altro sta per rompersi, per la ruina di Morone, resta però il terzo, quale, secondo ho piú volte sentito dire da Carnesecchi e da lui stesso, è il piú forte ed il piú possente di tutti. Vostra Signoria adunque potrá consolare donna Giulia con dirli quel che ho retratto del ragionamento avuto con Carnesecchi, esortandola a stare di buon animo, perché di sua voluntá non è Carnesecchi per pigliare mai tale resoluzione contra il giudizio e volere di essa; e per necessitá o per timore non s’ha da dubitare ch’egli debba essere sforzato a farlo, potendo