Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. I, 1913 – BEIC 1888692.djvu/114

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XVII Il medesimo alla medesima Spera che il nuovo papa Pio IV faccia assolvere lui, il Morone, il Galeota e il vescovo di Verdura. Illustrissima, ecc., le cose mie sono ancora nei medesimi termini che erano quando ultimamente li scrissi, non essendosi d’allora in qua altrimenti congregati questi reverendissimi signori per l’indisposizione d’alcuni di essi, né volendo Sua Santitá, con usar l’autoritá sua, parer di derogare alla loro, se bene ha dato ferma intenzione a l’ambasciator del duca di farlo a ogni modo, bisognando. Ma son però a tanto meglior condizione, quanto che è piú vicino il fine e la total espedizione della causa del reverendissimo Morone, sperandosi ch’ella debba terminarsi per tutta la prossima settimana, e che sia per aprir la strada anche a l’espedizione della mia, se non per altro, almeno perché Sua Signoria reverendissima potrá allora aiutar la mia giustizia con l’autoritá e favor suo appresso al papa, col qual si stima che debba poter piú d’ogni altro del suo ordine, dove adesso non ardisce aprir bocca e quasi simula di non mi conoscere. Io fra tanto mi sto ritirato, non uscendo di casa se non di notte, ovvero di giorno in cocchio, giudicando cosí a proposito i miei consultori, per non mostrare di pigliare la licenzia, ch’io dimando, avanti che mi sia data. Quanto al particulare di questa corte, non so che mi dir altro, se non che universalmente ognuno si promette bene di questo pontificato, mostrandosi il papa giusto e benigno, e sopra tutto inclinato alla quiete ed alla pace. Imperò non si può cosí presto far giudizio de’ papi, solendosi mutare secondo gli accidenti, ed esser bene spesso diversi nel mezzo e nel fine del loro pontificato da quel che si sono mostrati nel principio; nel che avendo gran parte la natura e condizione di coloro che li governano, bisogna stare a vedere che riuscita