Pagina:AA. VV. – Opuscoli e lettere di riformatori italiani del Cinquecento, Vol. I, 1913 – BEIC 1888692.djvu/56

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lo Spirito di Cristo, o che, senza mera ippocrisia, possiamo dire Cristo «Signore» o chiamare Dio «Padre», se lo Spirito non ci muove il cuore e la lingua a profferire cosí dolce voce. E nondimeno costoro, che ci tengono arroganti, perché diciamo che Dio ci dona con la fede lo Spirito santo, non solamente non ci proibiscono che diciamo ogni giorno Pater noster , ma ce lo comandano. Ma dicami: come è possibile separare la fede dallo Spirito santo, essendo ella opera di esso Spirito santo propria? Se è arroganzia il credere che lo Spirito di Cristo sia in noi, perché comanda san Paulo alli corinzi che tentino se hanno la fede, affirmando che sono reprobi, se non conoscono che Cristo è in loro? Ma certamente è gran cecitá incolpare d’arroganzia i cristiani, che osano gloriarsi della presenzia dello Spirito santo, senza la quale glorificazione il cristianesimo non può consistere. Ma Cristo non può mentire, il quale dice che lo Spirito suo è incognito al mondo e che solamente da coloro è conosciuto, appresso i quali Egli dimora. Diventino adunque costoro veri cristiani, depongano gli animi ebrei, abbraccino dadovero la grazia dell’Evangelio, e conosceranno che i cristiani hanno lo Spirito santo e che conoscono di averlo. Ma potrebbe forse alcuno dire che ’l cristiano senza particolare rivelazione non può sapere d’essere in grazia di Dio, e per conseguente non può sapere d’essere predestinato, e potrebbe allegare principalmente quelle parole di Salomon: «L’uomo non sa s’egli è degno d’odio o d’amore» e quelle di san Paulo alli corinzi: «Io non son consapevole di cosa alcuna: nondimeno in questo io non ini son giustificato». A me pare di avere dimostrato di sopra chiaramente, per le parole della Scrittura santa, che quella openione è falsa: resta solamente il mostrare brevemente che queste due autoritá, sopra le quali principalmente ella è fondata, non si deeno intendere in questo senso. Quanto alla sentenzia di Salomone, benché ella non sia fedelmente tradotta nella comune transazione, nondimeno non è uomo cosí rozzo che, leggendo tutto il discorso di Salomone, non possa vedere chiaramente ch’egli vuol dire che, s’alcuno per li accidenti di questa vita presente vuol giudicare che sia amato o odiato da