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Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/204

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198 xx - messer niccolò del rosso

II

Pare invece alla donna di essere lei trascurata.

Un spirto per messazo me apparto,
e dissemi: — Amico, or mi favella;
contra la tua donna, ch’è tanto bella,
4credo che tu se’ molto enfellonio.
A lei gli pare che l’abbi ’n oblio,
però ch’unqua tu non andasti ad ella;
et ancor pezo: ché alcuna novella
8de ti non seppe, po’ che se pardo. —
Allora de pietá devenni smorto,
e si ’l pregai: — Amor, non mi gabbare
11ché sol quando la vezo mi conforto. —
Et él respose: — Non ti dubitare,
ch’eo non ti so’busadro né mai fui; —
14possa sparitte, ch’eo noi vidi plui.

III

Ella ritorna, e il cuor del poeta si rinfranca.

Lassomme i spirti mei, ch’eran fuziti,
lunga stasone quasi senza vita;
ma, possa che tornonno, spero aita:
4ch’i’ sento el cor chèder un: — Appariti
frategli, che da me fosti smarriti
sempre che nostra donna fu partita,
or serebb’ella ancor forsi redita?
8Ditelmi vui: ché si zogliosi siti. —
Rispose l’anema: — Oi dolze amico,
di e notte continuo stemmo sego,
11et ora ella è venuta, zò te dico.
Dunque, se vói vederla, vieni mego,
si che gli odi dolenti se conforti,
14che planzendo sono presso che morti. —