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Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/215

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xx - messer niccolò del rosso 209

XXIV

Vuol tacere le lodi della sua donna per non farla insuperbire.

Credetti, Amor, che si mostrasse acerba
questa crudele, s’el meo dir en rima
non la clamass’d’onn’altra donna cima,
4ponendo de te e lei una conserba;
si che però ver’me tanto è soperba,
udendo le lode, che la sublima,
che mi sottraze quel guardo, ch’en prima
8mi fo soave, et or mi spolpa e snerba.
Dunque, voglio tazer per non dar danno
agli altri amanti, ché non se casoni
11trovar nel bel viso veruno adanno.
Avvegna ch’el cor sempre mi rasoni:
— Tu farai canti e canzon per un doi,
14tosto che fie plazer digli odi soi. —

XXV

Ma non può fare ch’ella non gli dia grandi pene.

La bella donna, che nel cor mi sède,
lasso, mi dobla sempre gli martiri,
però che l’alma rotta da’ sospiri
4vie più se innamora, che la vede.
E quella, che l’altrui pene non crede,
per ch’essa non è stretta cum disiri,
ver’l’affannata par che gli odi ziri,
8mostrando paze, e poi nega mercede.
Amor, questo m’avvèn per tuo defetto:
ché, se nel punto, quando preso m’ebbe,
11gli aveste detto com’eo so’ sozetto,
Torsi che de pietá non m’uccidrebbe;
ma ora ella non sente gli mei guai:
14unde, s’eo mòro, tu casón vi dai.

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