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Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/234

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228 xx - messer niccolò del rosso

LXII

Le colpe della fazione ghibellina.

Nel tempo ch’era Italia tutta d’oro,
e Saturno l’avia en un contesto,
sotto l’ombra di Zove, Enrico sesto
4occupolla e spugliò d’onni tesoro.
Allor sfrenò del laberinto il toro,
per cui fu il sisma ver’la Glesia desto;
e ’l guelfo cum pacifico protesto
8ebbe morte et exilio, angossa e ploro.
Di questo n’è rimaso crudel seme,
tanto del zusto sangue sitibundo,
11che la croce non cura né Deo teme.
«Nunc regnum meum non est de hoc mundo
pò dizer Cristo: cusi sono orrende
14l’opre, che lui e ’l suo vicario offende.

LXIII

In lode di papa Giovanni vigesimosecondo.

Servo di’servi de Cristo Zovanni,
quanto ch’un altro tu nassesti gnudo;
fosti creato papa e lermo scudo
4piú, ch’avesse la Glesia fa mill’anni.
Dunque, non ti curare spese e danni;
oro dispresia come vii paludo,
per consumare l’empio orgoglio crudo
8degli soperb’italici tiranni.
Tu se’ prudente, tu zusto e tu forte,
tu temperato, ch’orini onesto guardi;
11la simonia cazzasti di tua corte.
Sol compie tu ch’i popoli lombardi
e gli altri oppressi remangano franchi:
14ad esser santo non so che te manchi.