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Pagina:AA. VV. – Sonetti burleschi e realistici dei primi due secoli, Vol. I, 1920 – BEIC 1928288.djvu/246

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240 xxi - ser marino ceccoli

o s’ei fu fatto pur per sé condutto,
o de ciascuno o nullo participio;
14cercando vo per esser entrodutto.

X

Inveisce contro Amore.

Si aite Dio Amor, com’ei me serve,
se non de cosa, che non monta un aglio:
e dá bene a veder ch’io poco i caglio,
4quand’ei m’enfrasca con cotai mái verve.
Per lui perdut’ho io le vene e i nerve,
per lui messo me so’ ad onne retaglio,
per lui soffert’ho io briga e travaglio,
8per lui perduto n’ho Apollo e Minerve.
Ma io farò una fica, e dirò: — Castra!
Famme ’l peggio, che puoi; tènia tra gli occhie
11tu se’colui, che ogne vizio ammastra;
tu se’colui, che cieco altrui adocchie;
tu se’ colui, che tutta gente scastra;
14tu se’ colui, prò quo perduntur astra. —

XI

Piange la scomparsa delle virtú cardinali.

Le quattro donne, che ’l Moral destingue,
ch’a le quattro passion dán téma e freno,
che l’animato gettarian veneno,
4se non che ciascheduna la sua stingue,
envestigate fuór per molte lingue,
che da natura aver non se podéno:
per che schiuser da sé el troppo e ’l meno,
8e fuor del mezzo onn’altro fiero elingue.
Ora se vanno en oscura contrada,
ed han lasciati loro sposi morte,
11e non se trova chi a parlar lo’ vada.