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tria, con gii altri fuorusciti, durante la signoria di Giovanni di Boemia, porse giuramento di fedeltá tra gli abitanti della contrada di Borgo San Frediano il 12 agosto 1331 e gli furono restituiti i beni, precedentemente confiscati. Dedicatosi allora al notariato, e spesso (1333-9) notaio ed esecutore della Curia degli Esecutori, testò il 20 aprile 1348, lasciando usufruttuaria la moglie ed erede lo spedale di San Luca, per essergli premorta una figlia Pina.

Mori il 23 novembre 1349 o pochi giorni piú tardi. Cfr. L. Del Prete, Rime di ser P. de’ F., Bologna, 1S74 (per la biografia, pp. 23-44); E. Gerunzi, in Prjopugnatore, XVII, 11, 325-75 (ed una replica del Del Prete, ivi, XVIII, 1, 136-48).

L’ediz. Del Prete, assai difettosa, contiene una canz. e i9sonn., piú quello responsivo di L. da Pisa (xvii, 2). Qui se ne danno soltanto 17: giacché il son. a Dante (coni. «O spirito gentile, o vero dante») è adespota nel Chig. L. IV. 131, e soltanto arbitrariamente il Crescimbeni lo attribuí al F. (Del Prete, pp. 71-2; Barbi, Studi sul Canz. di Dante , p. 488, n. 1); e un altro («Amico alcun non è, che altrui soccorra»), probabilmente del Pucci, vien assegnato al N. solo da un testo tardo e non autorevole, veduto dal Barbieri (Del Prete, pp. 67-70; Massèra, in St . medievali , II, 30 e 32). Né poi ha avuto fortuna (cfr. Morpurgo, in Riv.

crit. d. lett. it., II, 23; Del Prete, Prop., XVIII, 1, 141-3) la rivendicazione al F., tentata dal Borgognoni e ripresa dal Gerunzi, dei son. xxix-xxxi di Fulgóre. — Dei 17 sonn. autentici, l’ultimo, insieme col responsivo di L. da Pisa, è unicamente nel Chig. A.

VII. 2x7, membr. del Trec., di cui si valse il Crescimbeni (cfr.

M[onaci], in Riv. di /il. rotti., II, 119); uno, xvx, si trova solo nel Chig. L. IV. 131, p. 668 (mi servo della collazione fatta per la stampa delle Poesie minori riguardanti gli Scaligeri del Cipolla e Pellegrini, in Bull. d. Ist. st. it., n.° 24, pp. 38-9); i rimanenti (di es^i, due soli anche in altri codd.), sono in C (n. 1 42, 107, 109-10, 112-7, 177, 183-4, 187-8), del quale riduco a toscane, come al solito, le forme venete. Della canz. «Spent’è la cortesia, spent’è larghezza», da me tralasciata, può vedersi, meglio che il malconcio testo dato dal Del Prete, quello edito per nozze, nel 1898, da P. Galletti (che la credè inedita).

I, 8 «gemi», 12 «propheta», 14 «gabate»: ovvie le correzioni; — 13 «e danemi»: l’emendam. è del Del Prete.

II, 7 «per», 8 e 12 «la», 13 «ve»; suppl.;—9 «Le femene», io «quele» : la sintassi vuole il sing.