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286 lirici marinisti

IV

LA RACCOGLITRICE DI CASTAGNE

     Lascia di coglier piú ricci pungenti
con quella man sí delicata, o Fille,
e a goder ombre amene, aure tranquille,
qui sotto ai tronchi lor meco trattienti.
     Tante punte spinose, ah, non paventi,
che traggon da la man purpuree stille?
No, ché d’Amore a mille strali e mille
anco resisti e i colpi lor non senti.
     Ma il mio cor da quei strali è a tal ridutto
(tanti per te giá ve n’infisse Amore),
ch’un riccio appunto ei rassomiglia in tutto.
     Nol somigli giá tu; ch’egli di fuore
aspro è ben sí, ma dentro molle ha il frutto;
tu sei molle nel volto, aspra nel core.

V

LA FILATRICE DI SETA

     China il sen, nuda il braccio, accesa il volto,
sottilissime fila Egle traea
da ricchi vermi, ove bollendo ardea
breve laghetto in cavo rame accolto.
     Vago de la sua man, semplice e stolto,
il mio cor tra quei vermi arder godea,
e la ruota volubile avvolgea
lo spirto mio tra quelle sete involto.
     Ella con l’empia man, ch’ardor non teme,
nudi rendea fra i gorgoglianti umori
i bombici di spoglie e me di speme;
     ed agghiacciata il cor fra tanti ardori,
bella parca d’amor, filava insieme
ricche spoglie a le membra e lacci ai cori.