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424 lirici marinisti

XXX

L’UTILE DELLE AVVERSITÁ

     Chi nimici non ha, non vince mai,
e chi non vince mai gloria non spera;
d’una luce immortal non gode i rai,
se contrasto non ha virtú ch’è vera.
     Sarebbe ignota a noi la man guerriera
d’Ettor, s’a fronte ei non aveva i grai,
e del gran filisteo la daga altera
altero fece il pastorel d’Isai.
     Chi di fortezza vuol grido preclaro,
con duro petto alle maligne risse
di contraria fortuna alzi riparo.
     Tifi con le tempeste a sé prescrisse
mèta di fama eterna; e fecer chiaro
i lunghi errori il peregrino Ulisse.

XXXI

IL VECCHIO

     Giunto l’uom di sua vita al verno ingrato,
di cave rughe e di canute brine
ha il volto arato e seminato il crine,
per la gelida man del vecchio alato.
     Tremolo i piedi e gli omeri curvato,
addita le sue prossime ruine;
dell’agghiacciato cor le nevi alpine
il fanno inerme e sol di lingua armato.
     Sempre il nocchier di Stige orrido e tetro
tien per lui tragittar spalmato il legno,
e figurano i fabri il suo feretro.
     Povero de’ suoi sensi arriva a segno
che va la vista a mendicar dal vetro,
e dalle canne a procurar sostegno.