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506 | lirici marinisti |
II
LA PENITENTE
Quella che tutta vezzi e leggiadria,
o giri ’l guardo o pur le labbra scioglia,
mill’occhi abbaglia e mille cori invoglia
a prestarle fedele idolatria;
oggi, tutta divota e tutta pia,
cangiati i fregi e la porpurea spoglia
in nero ammanto, in abito di doglia,
le proprie colpe a detestar venía.
Meraviglia giammai non fu cotanta,
su la scena mutabile d’un viso,
da spettatore o riverita o pianta;
ché se ’l mondo vincea formando un riso,
sprezzatrice del mondo oggi si vanta
guadagnarsi col pianto il paradiso.
III
MEMENTO MORI
Qualor tutta leggiadra e tutta bella
a questo tempio fai, Lidia, ritorno,
ove con viso industremente adorno
fai della tua beltá pompa novella;
l’umana sorte a rammentar m’appella,
che tuo malgrado ha da venir quel giorno
in cui, d’amore e di natura a scorno,
ritornar vi dovrai, ma non piú quella.
Lasso, tremo in ridirlo. Il dí fatale
ritornar vi dovrai di morte scherno
a far pompa di te, ma funerale.
Misera umanitá, che dunque vale
in sembiante divin stimarsi eterno,
e per legge immortale esser mortale?